Le 4 storie di questo anno tennistico

Se c’è una cosa che quest’annata di tennis ci ha lasciato è il fatto di essere stata portatrice di tante novità, in un insieme di svariate facce che si sono incrociate in un anno atipico, entusiasmante e deludente allo stesso tempo.

Dopo un 2020 all’insegna delle pause dall’attività professionistica, questo 2021 è stato, forse a sorpresa, poco funestato dalla pandemia globale, con il solo torneo di Shangai a farne le spese. Esclusa qualche altra cancellazione di minore importanza, tutti gli altri tornei si sono giocati regolarmente, compreso il torneo di Indian Wells, spostato in ottobre. Nonostante questo aspetto, però, ad aver catalizzato l’attenzione sono stati, come sempre, i giocatori. In particolare nel 2021 sono tanti gli aspetti che si possono analizzare, visto che ci troviamo alla conclusione di uno dei periodi più particolari della recente storia tennistica, caratterizzato da tantissimi volti interessanti e poche certezze sul prossimo futuro. Per questo motivo, proprio per poter spiegare al meglio questa annata dalle molte sfaccettature, ecco le 4 storie che, secondo noi, sono le più emblematiche di quest’anno.

La next gen: sono davvero loro i prossimi dominatori del tennis?

Non si poteva iniziare questo articolo senza parlare dei veri protagonisti dell’annata 2021: la next gen, ovvero la generazione di ragazzi nati tra i primissimi anni 2000 e gli ultimi anni 90. Nonostante le vittorie di alcuni dei membri di questo gruppo, Medvedev e Zverev su tutti, gli scorsi anni avevano evidenziato delle palesi lacune in quasi tutti questi giocatori, “colpevoli” di non essere in grado di mantenere la stessa solidità fisica e mentale dei giocatori più forti del mondo, in particolare degli eterni Big Three. Anche se non si può dire che siano stati eliminati tutti i dubbi che li circondavano, si può affermare che, in almeno 3 casi, siamo di fronte a dei possibili dominatori del tennis futuro, forse anche di quello prossimo.

Stiamo ovviamente parlando di Medvedev, Zverev e Tsitsipas, attualmente i numeri 2, 3 e 4 della classifica mondiale. La posizione che questi giocatori occupano nel ranking non è casuale, per quanto sicuramente frutto di assenze illustri nel circuito. Questo perché, al netto di qualche inciampo, questi tennisti hanno avuto un’annata eccellente, con almeno un titolo Master 1000 a testa in bacheca. In particolare Medvedev e Zverev hanno conquistato complessivamente 10 tornei, tra cui i Master 1000 di Madrid, Toronto e Cincinnati, le Atp Finals di Torino e lo US Open. Se si aggiunge il titolo a Monte Carlo di Tsitsipas, ci si rende subito conto di come, Slam a parte, la loro sia stata la maggiore forza in gioco nel 2021. Il greco, per quanto troppo caratterizzato da alti e bassi, ha comunque confezionato un ottimo anno di tennis, con il primo master 1000 e la prima finale in un titolo dello Slam in quel di Parigi. Zverev, per quanto ancora non così formidabile nei 4 tornei più importanti del mondo, è stato forse quello più costante, soprattutto nella seconda parte della stagione. Da dopo Wimbledon, infatti, il tedesco ha vinto le Olimpiadi di Tokyo, sconfiggendo un Novak Djokovic alla ricerca del record, il Master 1000 di Cincinnati e le Atp Finals. Medvedev, infine, ha compiuto forse l’impresa più grande, sconfiggendo nettamente il numero 1 del mondo Novak Djokovic a New York, in una partita dall’alta importanza simbolica. Se a loro si aggiungono i grandi risultati compiuti dai nostri italiani, o da altri giocatori come Rublev, Ruud e Hurkacz, il risultato è completo: a oggi, fra i primi 11 giocatori del mondo nessuno, eccetto Novak Djokovic e Rafa Nadal, supera i 25 anni di età, in una forbice che va dai 20 anni di Jannik Sinner ai 25 anni e 8 mesi di Danil Medvedev. La vera domanda adesso è se questi giocatori si spartiranno equamente i tornei del futuro oppure se, in modo simile a quanto è spesso accaduto, saranno solo alcuni di loro a dominare il tennis mondiale, magari nel numero di tre che, quasi poeticamente, sembra destinato a ripetersi.

Berrettini, Sinner e le Atp Finals: l’Italia sempre più protagonista

È da un po’ che l’Italia tennistica vive un momento magico, ma questo 2021 è andato oltre a ogni aspettativa più ottimistica. In un solo anno sia Jannik Sinner sia Matteo Berrettini hanno raggiunto la loro prima finale in un titolo Master 1000, andando in entrambe le occasioni piuttosto vicini al trofeo. Nel complesso, nonostante qualche rimpianto, i due giocatori italiani non hanno grandi colpe e si attende il 2022 per la conferma definitiva. Oltre a questi risultati, tra l’altro, entrambi hanno raggiunto le Atp Finals, anche se purtroppo è stato proprio Sinner a sostituire un Berrettini infortunato già nella prima partita. Inoltre, il secondo ha ottenuto dei risultati importantissimi nei tornei dello Slam, visto che ha raggiunto gli ottavi di finale in Australia, i quarti al Roland Garros e agli US Open e, infine, il traguardo più importante dell’anno: la finale di Wimbledon. Il capolavoro di Berrettini a Londra, capace di interessare milioni di spettatori italiani, ha dimostrato al mondo che, nella tavola rotonda dei dominatori del tennis mondiale, c’è posto anche per un italiano. Per altro, va sottolineato che in tre delle sconfitte riportate negli slam quest’anno, Berrettini si è trovato a dover affrontare proprio il numero uno del mondo Djokovic. Il serbo, in una delle migliori annate della sua vita, ha comunque faticato in tutte e tre le occasioni, costretto a cedere un set per incontro.

A questo punto verrebbe da chiedersi che cosa manchi a questi giocatori per potersi finalmente aggiudicare i titoli più importanti del mondo. La risposta non è facile perché, nonostante la giovane età, entrambi hanno dimostrato una maturità e una solidità notevole, seconda a pochi altri giocatori nel circuito. Utilizzando una metaforica lente tennistica, però, non è impossibile individuare delle lacune nel gioco di entrambi. Nel caso di Berrettini, trovandosi a condividere i campi con giocatori alti come lui, il problema è evidente: l’italiano non si muove per il campo con la stessa abilità di giocatori come Medvedev e Zverev. Questo lo porta a trovarsi spesso in affanno negli scambi più lunghi, quelli logoranti che possono decidere un momento fondamentale di una partita. Per quanto i passi in avanti ci siano stati, c’è ancora da lavorare, con particolare attenzione ai movimenti verso il lato sinistro del campo, quello dove Berrettini ha il suo colpo più debole ovvero il rovescio. Sinner, invece, ha bisogno di più imprevedibilità: il ragazzo del 2001 colpisce la palla quasi sempre nello stesso modo, ovvero forte e piatta. Per quanto le variazioni non siano più fondamentali come una volta, in mancanza di un servizio devastante resta necessario avere più soluzioni possibili nello scambio. Lavorare su questi aspetti potrebbe essere il tassello mancante, la goccia per far traboccare il palmares tennistico dei due giocatori italiani.

Matteo Berrettini e Novak Djokovic dopo la finale di Wimbledon

Federer e Nadal: gli assenti illustri

Veniamo ora alle note dolenti dell’anno, quelle che in apertura hanno suggerito l’uso del termine “deludente” riferito al 2021 tennistico, o ancora quelle “assenze illustri” citate anche in questo titolo. Sì, perché a dispetto di tutti i giocatori interessanti citati, Roger Federer e Rafael Nadal sono mancati maledettamente al circuito, che ne ha risentito in termini di spettacolo e di emozione. Quella di questi due giocatori, in un misto di casualità e poetica magia, è da anni una parabola molto simile. Ai momenti positivi di uno spesso corrispondono quelli dell’altro, così come ai momenti negativi. Come accaduto nel 2016, la peggiore annata della storia per il duo Fedal, il 2021 li ha visti entrambi infortunati per buona parte della stagione, con solo pochissimi tornei giocati a testa. Nadal, apparentemente il meno in crisi dei due, ha conquistato due titoli su terra a Barcellona e a Roma, prima di cedere lo scettro di sovrano del Roland Garros a Novak Djokovic, in quella che forse è stata la partita più bella dell’anno. Da lì in poi però, come sottolineato di recente dallo stesso Nadal, le cose sono andate in maniera disastrosa, tanto da costringerlo a saltare tutto il resto della stagione, con la sola fugace apparizione nel torneo di Washington, nel quale Nadal aveva manifestato preoccupazione per le sue condizioni dopo la prematura sconfitta subita da Lloyd Harris. Nel complesso sono sette i tornei giocati dal maiorchino, nei quali, in realtà, ha comunque ottenuto degli ottimi risultati. Va detto, però, che il Nadal visto nella prima metà di stagione, era un giocatore piuttosto in salute, prima che il suo cronico problema al piede si aggravasse dopo il Roland Garros.

Ancora peggio, se possibile, è andata a Roger Federer, comparso solamente in cinque tornei nel 2021 e incapace di trovare la continuità di cui avrebbe bisogno, anche nel corso dei singoli tornei. Lo svizzero, operato in agosto per la terza volta, è alle prese ormai da più di un anno e mezzo con il classico problema al ginocchio che lo perseguita da parecchio tempo. Nel suo caso, il problema non è mai stato completamente risolto, cosa che lo pone in una situazione diversa da quella di Nadal, che almeno fino al Roland Garros aveva giocato in una buona condizione fisica. Nel complesso lo svizzero non è riuscito a vincere nessun torneo, anche se la sua stagione è sembrata sostanzialmente costruita per provare a compiere l’impresa vincendo Wimbledon per la nona volta. Dopo questo torneo, però, la situazione si è aggravata, costringendolo a saltare le Olimpiadi e gli US Open, prima di annunciare la terza operazione al ginocchio e dare l’appuntamento per il suo ritorno al prossimo anno.

Senza dubbio dunque Nadal e Federer perdono colpi e per loro sarà sempre più difficile confrontarsi con le nuove generazioni, soprattutto a causa della grande capacità dei nuovi giocatori negli scambi lunghi. La verità, però, è che a dispetto di questi infortuni, quando in salute, questi due sono ancora tra i tennisti più forti del mondo, capaci di arrivare nelle fasi finali di uno Slam nonostante delle condizioni molto precarie. Nadal, rientrato in maniera piuttosto fallimentare nel torneo di esibizione di Abu Dhabi, ha manifestato dei dubbi sulla sua partecipazione agli Australian Open, prima di risultare positivo ad un tampone. Da poco però, una volta guarito, ha annunciato di essere atterrato in Australia. Il rientro di Federer invece, al momento previsto per l’estate del 2022, sembra ancora piuttosto lontano. Comunque vada, molto dipenderà da loro, da quanto riusciranno a recuperare da queste problematiche, magari regalandosi ancora qualche torneo di grande tennis. E a quel punto perché no: perché non pensare a un’altra impresa, l’ennesima della loro carriera, magari ancora una volta insieme, proprio come accaduto nel 2017?

Roger Federer saluta il centrale di Wimbledon

Novak Djokovic: il più forte di tutti

Come spesso si dice, ultimo, ma non per importanza, ecco Novak Djokovic. Il serbo, ormai vero e proprio despota nei tornei dello Slam, arriva alla fine del 2021 in una situazione stranissima. In maniera simile a quanto accaduto a Federer nel 2017, quando lo svizzero aveva oculatamente selezionato i tornei a cui partecipare, anche Djokovic ha preparato la scaletta della sua stagione in quest’ottica. In realtà, va detto che il serbo potrebbe aver cambiato in corso d’opera la sua pianificazione, cancellando la partecipazione ad alcuni tornei del Master 1000 per potersi presentare riposato ai tornei dello Slam. Il piano, proprio come a Federer ai tempi, è riuscito ottimamente, visto che Djokovic è andato molto vicino a completare il Calendar Golden Slam, ovvero la vittoria dei 4 Slam e delle Olimpiadi in una singola stagione. Al netto di una stagione incredibile quindi, condita anche dalla vittoria al Master 1000 di Parigi, Djokovic ha forse “sprecato” l’unica occasione in carriera di completare non solo il Calendar Golden Slam, ma anche più “banalmente”, di compiere l’impresa riuscita solo a Rod Laver prima di lui. In maniera simile a quanto accaduto a Serena Williams nel 2015, il serbo è stato beffato proprio a un passo dal traguardo, sconfitto da un eccellente Medvedev, ma anche dal primo barlume di fragilità psicologica che si sia mai affacciato nella sua carriera. Djokovic era vicinissimo al record più storico di sempre, ovvero il primo Grande Slam dell’era Open, ma è giusto valutare la stagione per quello che è: ovvero straordinaria. Non solo il serbo ha chiuso per il settimo anno nella sua carriera da numero 1 (record), non solo ha raggiunto a quota venti Slam gli eterni rivali Federer e Nadal, ma ha anche dimostrato, per l’ennesima volta, di essere il più forte di tutti. In questo momento, in una partita al meglio dei 5 set, è difficile immaginare un giocatore che possa battere Djokovic al 100% della forma, persino se davanti ci fossero Federer su erba o Nadal su terra nelle migliori condizioni. In previsione del 2022 dunque, il serbo resta di nuovo il favorito per almeno tre dei quattro Slam stagionali (anche se resta ancora in dubbio la sua partecipazione al torneo australiano). La delusione per aver sfiorato l’impresa c’è, soprattutto vista l’assenza di Nadal e Federer, ma non è escluso che Djokovic abbia altre occasioni, quantomeno per concludere la carriera con più Slam di ogni altro giocatore. A oggi i dati dicono che tre giocatori condividono il record di 20 trofei, domani chissà: la corsa agli Slam è ancora tutta da vivere. Intanto Djokovic, sicuro sul trono del tennis mondiale, può vantare una situazione decisamente migliore degli altri.

Il sogno di Djokovic si infrange sul muro Medvedev
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