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Ci sarà un motivo, Dio santo - Crampi Sportivi

Ci sarà un motivo, Dio santo

“Non è perché ci chiamiamo Juventus che dobbiamo vincere per forza”.

Silenzio assoluto, per due, tre, cinque secondi. I malintesi linguistici danzano su poche sillabe, specie nelle conferenze post partita, nelle quali le risposte vengono pronunciate senza una lucida idea complessiva di ciò che si sta dicendo. Capita più o meno sempre. Si potrebbe, tutti quanti, aver frainteso, si pensa sul momento. Ma sì, ha solo messo nell’ordine sbagliato le parole.

E invece no, Max riprende la parola e ripete, scandendo bene, la stessa frase. È la stessa, solamente con delle pause più lunghe, come a trasmettere solennità al componimento linguistico. Il risultato è quello del maestro scocciato di fronte a degli alunni ottusi, o quello del bullo che non pensa di dovere delle spiegazioni a qualcuno, specialmente se quel qualcuno di professione fa il giornalista.

“Non è perché ci chiamiamo Juventus che dobbiamo vincere per forza”.

Questo è solo un passaggio dei dodici minuti di Allegri nella conferenza post eliminazione contro il Villareal.

Cosa ci mostrano questi dodici minuti è la totale mancanza di una capacità critica da parte dell’uomo che divide gli stessi tifosi. Non solo dal punto di vista dell’analisi della partita, che Allegri svia ripetendo (e ripetendosi, soprattutto) di aver giocato una buonissima partita, la “migliore in Europa”, addirittura nella stagione della Juventus; ma anche per la totale mancanza di un progetto ben delineato nelle proprie idee.

Se la filosofia del club si basa sul motto “vincere è l’unica cosa che conta” come si può insistere che la Juventus non debba vincere “solo perché si chiama Juventus”?

E ancora, se è stato proprio l’allenatore a basare la sua carriera sull’ormai fantomatico cortomusismo, sulla pragmaticità, sulla vittoria che prevale sul bel gioco, come è possibile che alla sconfitta ora, misteriosamente, sia proprio l’allenatore a nascondersi dietro la foglia di fico del bel gioco? E sia chiaro, formuliamo queste domande consapevoli che la squadra di Allegri non ha vinto e tantomeno giocato bene.

Ma dove vogliamo andare a parare allora? Formuleremo questo discorso, almeno inizialmente, non attraverso delle affermazioni, ma attraverso delle questioni. Questo ci permetterà di chiarire progressivamente un’idea non di certo chiara nella mente di chi scrive, ma che proprio attraverso delle domande prova a mettere in fila motivi, conseguenze e incubi di un appuntamento che si ripete ogni anno in primavera. Non la Pasqua, la Via Crucis bianconera.

Allegri fa il santone solo quando gli conviene? E se sì, perché? Non servirebbe, in generale, un’ammissione di colpe ben più onesta (con gli altri sì, ma anche con se stesso) rispetto ai propri limiti ormai evidentissimi? Queste domande scaturiscono soprattutto da un concetto che l’allenatore snocciola a più riprese e con un tono di voce gradualmente più alto durante la sua conferenza stampa: quello della disonestà intellettuale.

Conferenza stampa di Allegri post Juventus – Villareal

Questa in particolare è la risposta a due domande rivolte da due giornalisti diversi, ma che partono dallo stesso nocciolo semantico, ossia il fallimento causato dall’eliminazione agli ottavi di Champions League contro una squadra abbordabile, per non usare l’antipatico termine che è “inferiore”.

Cosa vuol dire essere disonesti intellettualmente? Forse formulare delle osservazioni (e da queste, delle domande) che si basano su delle visioni complessive volontariamente alterate. E se questa è la strada giusta, Allegri pensa davvero che questi giornalisti siano pienamente convinti che la Juventus non avesse i mezzi per passare il turno? O che l’eliminazione non sia da considerare un fallimento, e che abbiano fatto queste domande solo per metterlo in difficoltà? Magari in nome proprio del loro intelletto disonesto? Per una sorta di perversione?

Chiariamo ora alcuni snodi. Se non tutti, almeno alcuni.

La Juventus è superiore al Villareal in tante cose: nella rosa, non scintillante ma complessivamente di buon livello, soprattutto considerando l’inserimento di uno degli attaccanti più forti del mondo; nella società, e qui nemmeno stiamo a spiegare il perché; nell’esperienza complessiva.

In una cosa invece sembra chiaro che il Villareal sia superiore alla Juventus: nell’allenatore.

Se la partita di andata è stata dominata in lungo e in largo dal submarino amarillo, colpito solo da un gol tanto bello quanto estemporaneo di Vlahovic, il ritorno è stato ampiamente giocato sul registro voluto dallo stesso Emery. Proprio lui infatti ha compattato quando c’era da compattare (e, diciamolo, senza nemmeno troppa difficoltà) e colpito in sequenza una squadra non solo male organizzata (perché la Juventus prende gol con pochi e con molti uomini in area, indistintamente, perché non è la quantità di uomini a definire la qualità difensiva di un team), ma anche svuotata delle più minime attenzioni e tensioni mentali che in un appuntamento del genere devono (o dovrebbero) essere scontate.

Ma se il Villareal con un rosa inferiore, pardon, abbordabile, domina una squadra come la Juventus nell’arco dei 180 minuti, vincendo per giunta 4-1, com’è possibile che Max Allegri, in dodici minuti di conferenza stampa non snoccioli la questione e rinneghi, tornando alla prima frase di questo pezzo, l’unico comandamento di questa società?

Max, anche in Europa ci sono allenatori che vincono sempre e allenatori che non vincono mai. E se non vinci mai ci sarà un motivo, Dio Santo?

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