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Ciao Gianni, grazie. - Crampi Sportivi

Ciao Gianni, grazie.

Come da abitudine per chi scrive e ha fatto dell’informazione un lavoro, oltre al caffè ho aperto i vari siti d’informazione. L’apertura di Repubblica, stamattina, non era quella che immaginavo. Se ne è andato via Gianni Mura.

Prendo il telefono, cerco il gruppo in cui noi Crampisti ci coordiniamo tra un meme e una battuta. Chiedo se posso scrivere qualcosa, ed eccomi qua. Questa è quasi una pagina di un diario mai nato, per cui comprendo chi ora premerà “indietro” o chi metterà la X su questa scheda del browser.

Quel che c’è da sapere è che per chi scrive di calcio, di sport, Mura è un totem. Un punto di arrivo. Dico “è”, e lo dico da subito, perché al passato non si scrive, anche se più di qualche mentore mi darebbe in testa, già lo so.

La penna di Gianni Mura, per i ragazzi degli anni ’90, forse è qualcosa di impalpabile: c’è, è lì, ma forse non la conoscono a fondo. Leggenda? Sì ok, ma perché? Vallo a capire. Questo perché purtroppo abbiamo quasi perso l’abitudine a studiare il passato e a osservare con spirito critico il presente. Grande narratore del Tour de France e del Giro d’Italia, ha fatto amare la bicicletta pure a chi odiava la cyclette. Per chi è più grande, Mura è stata una delle firme di punta del Mundial, per non parlare di quanto scritto nel 2006, tanto per rimanere in tema nazionalpopolare.

La mia piccola fortuna è stata quella di “condividere”, per quelli che sono tra i momenti più belli del mio percorso, la stessa bandiera di Gianni: la redazione sport di Repubblica.

Lì ho imparato ad apprezzare la precisione dei dati, la voglia di raccontare una storia sportiva, l’impegno nel cogliere delle sfumature che non sempre sono limpide. E pensare che una volta io con lui ci sono riuscito a scambiare due parole. Il bello è che da parte mia c’era quel timore reverenziale che tutti noi riserviamo senza freni a chi rispettiamo e riconosciamo come esempio. Fatto sta che se ne era pure accorto, e mi ha detto di star tranquillo. E prima di andar via, è stato lui a salutare, come un Signore vero.

Non ho molti ricordi da condividere, se non il tempo investito a leggere le sue interviste al campionato e i suoi “Sette giorni di cattivi pensieri”, che in sostanza è una rubrica che ha più anni di me, che ne ho 30 appena compiuti.

Vorrei chiudere questo fiume di parole scritto con sincero dispiacere citando le parole di Francesco Intorcia, oggi caporedattore dello Sport di Repubblica: “Adesso c’è un’altra generazione che piange. Adesso, siamo i Senza Mura“.

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