Raramente il Giro d’Italia ci ha delusi
Qualche volta si è fatto attendere, è vero, ma l’attesa fa parte di quel gioco perfetto, quell’oliare i meccanismi di cui le più grandi competizioni sportive hanno bisogno per poter essere perfette. Che il Giro d’Italia sia perfetto, signori, è innegabile.
Perfetto è il periodo dell’anno, quello in cui lungo il Paese può essere primavera, ma anche estate o pieno inverno, a seconda che la carovana rosa ci porti nelle grandi città, dove all’arrivo le ragazze mostrano sulle gambe nude e sotto le magliette attillate qualche tradimento dei colpi di freddo; in riva al mare, dove sulle spiagge vediamo inquadrati i turisti in costume affrontare già le prime onde. In piena montagna, dove superati i duemila metri è ancora tutta neve, salire diventa proibitivo e scendere anche pericoloso.
Perfetta è la forma dei ragazzi: chi viene dalle classiche di primavera, chi dai ritiri in altura, tutti però croccanti al punto giusto, pronti ad affrontare la corsa dell’anno.
Per alcuni la corsa della vita.
Perfetta è perfino la nostra attesa, quella che monta nei giorni precedenti e poi non si stempera completamente con la partenza, perché la partenza è solitamente soltanto un assaggio, e prima dei colpi finali, prima di quelle che restano le ultime vere guerre estreme tra fisici dei tempi moderni, tra ragazzi che decidono di mettere in gioco tutto, la propria salute, la propria vita.
Prima di tutto questo ci saranno delle tappe veloci, delle tappe intermedie, qualche scaramuccia, accenni di battaglia e poi di nuovo un po’ di attesa.
Il Giro d’Italia, lo sappiamo, è gioco di nervi come di muscoli: le forze vanno dosate, le tattiche preparate per mesi.
Il Giro è mare, montagna e collina; è storia e cultura; è biomeccanica e wattometri, è anima e cuore e muscoli e cervello: è l’essenza del ciclismo, l’unico sport che sa essere di squadra e individuale insieme.
Il percorso del Giro d’Italia
Al via da Bologna sabato 11 maggio l’edizione numero 102 della corsa rosa, edizione che si prospetta come una delle più equilibrate e spettacolari di sempre.
Ad esclusione di sorprese ed exploit inattesi che, siamo sicuri, verranno fuori durante le tre settimane più belle della stagione, almeno sei sono gli atleti che hanno un chiodo fisso: la maglia rosa.
Sei ragazzi che hanno puntato il Giro come il grande obiettivo dell’anno, sei atleti che da trecentosessantacinque giorni hanno deciso ossessivamente di lavorare, sudare, allenarsi, studiare, dormire, mangiare, respirare pensando soltanto ad una cosa: poter alzare, il prossimo 2 giugno a Verona, il Trofeo senza fine.
Si parte da Bologna quindi, e si va giù fino a Terracina attraversando Toscana e Lazio, per poi risalire su dal versante Adriatico: Puglia, Abruzzo, Marche e di nuovo Emilia-Romagna.
Un velocissimo salto in Liguria prima dei fuochi d’artificio finali: da Cuneo in poi, si percorre tutto il perimetro del nord del Paese in senso orario, attraversando le Alpi in lungo e in largo fino alle Dolomiti.
Al solito, un Giro diviso in due parti, con una prima metà dedicata a velocisti e cacciatori di tappa e senza particolari asperità (occhio però alla lunga crono di San Marino alla nona tappa, che potrebbe essere lo spartiacque anticipato, e rivelare già tanto sulla condizione e sulle forze in campo), e poi dieci giorni finali che definire mostruosi sarebbe un eufemismo.
Delle ultime nove tappe, soltanto una è intesa a dare un break, a far rifiatare i ragazzi dopo una settimana impossibile ed in vista del complicatissimo trittico finale.
Tolta la diciottesima, è montagna senza soluzione di continuità: sette tappe spettacolari; più di trecento chilometri di salita.
Cinque scollinamenti oltre i duemila metri di altitudine.
Nove gran premi di seconda categoria, sette di prima categoria ed un hors catégorie; la tappa 15 che è praticamente un Giro di Lombardia (di ben 232 chilometri!).
La tappa 16 col Gavia (la cima Coppi, 2618 metri sul livello del mare, quaranta chilometri col naso in su, una salita brutale) e subito dopo il Mortirolo (c’è bisogno di introdurlo?); ed a concludere pure un’altra cronometro con dentro qualche chilometro di salita.
Il Giro D’Italia in una parola
Cronometro dunque è la parola chiave di questa edizione del Giro.
Saranno 58,5 i fondamentali chilometri che divideranno gli specialisti dagli scalatori puri. Da un lato Roglic e Dumoulin, dall’altro Landa e Lopez. Nel mezzo Nibali e Simon Yates. Tutto intorno, fuoco e fiamme.
Tre le prove contro il tempo, che non solo rappresentano un 30% di chilometri in più rispetto all’anno scorso, ma soprattutto sono di qualità molto elevata: saranno delle crono molto tecniche e impegnative, ognuna con un tratto di salita dura.
La prima è breve e vedrà probabilmente i migliori racchiusi in pochi secondi: soltanto otto chilometri partendo dal centro di Bologna, ma vedrà nei due chilometri finali la salita a doppia cifra di pendenza sul colle della Guardia, con in cima la Madonna di San Luca pronta ad incoronare la prima maglia rosa.
La seconda alla numero 9, tappa cruciale del Giro e probabilmente punto di svolta che sancirà l’inizio delle danze vere e proprie, il primo e definitivo momento in cui le cose si faranno sul serio per i contendenti, molto più lunga: trentacinque chilometri con gli ultimi dodici in salita, qualcosa di più di una prova per specialisti, una tappa in cui i distacchi potranno essere nell’ordine dei minuti.
La terza a mo’ di dessert. Un’ultima tappa di diciassette chilometri dentro Verona con in mezzo la salita delle Torricelle, sul Colle San Pietro: le energie saranno ormai ridotte al lumicino, e sarà fondamentale arrivarci bene per potersi difendere.
Da oggi potrete seguire i nostri contenuti sulla gara dell’anno attraverso l’hashtag #CrampiGiro.
Raramente il Giro d’Italia ci ha delusi, lo sappiamo bene noi appassionati. Fidatevi anche voi,se non siete avvezzi ad uno sport che forse avete sempre snobbato, credendolo poco spettacolare. Niente salite o pedalate sfiancanti, promesso: il nostro #CrampiGiro si segue dal divano.
Foto di copertina: LaPresse

In principio fu Saul Bellow. Poi arrivarono, disordinate in momenti di distrazione, le altre folgorazioni: Diablo & Pirata, Kurt & Eddie, Tondelli e Maradona, Carver e Djorkaeff. A vent’anni la diagnosi ufficiale: grafomania.
Romanziere per vocazione, scrivo anche di sport e di musica da quando ho capito che a farli non ero in grado.