#CrampiGiro: perché questo Giro potrebbe essere il più spettacolare di sempre

Piuttosto leggeri, come da tradizione, i primi giorni di Giro: in attesa del carico da novanta delle ultime dieci tappe, le due crono hanno spostato di poco gli equilibri tra i sei grandi favoriti allontanando di fatto la coppia Roglič-Nibali (il primo più del secondo) dal resto del mondo. L’unico vero colpo di scena, in chiave maglia rosa, è arrivato alla tappa 4: l’incidente occorso a Tom Dumoulin, un ginocchio squarciato da un pignone dentro una caduta apparentemente stupida, ha costretto al ritiro l’olandese e ristretto ulteriormente il cerchio dei pretendenti.

Per il resto, un paio di passeggiate in pianura padana ed una settimana fondamentalmente dedicata a cinque sprinter, di cui due, Elia Viviani e Caleb Ewan, hanno deciso che la preparazione del Tour era più allettante rispetto all’idea di dover affrontare dieci giorni di montagna per poter ambire ad arrivare a Verona in ciclamino. Parzialmente giustificato l’italiano, dopo la penalizzazione con relativi punti di squalifica ad Orbetello, piuttosto discutibile la scelta dell’australiano che ha vinto due tappe ed era sulla carta molto papabile per la vittoria finale. Un terzo, Fernando Gaviria, ha dovuto dare forfait alla settima tappa: troppo forte il dolore al ginocchio per il colombiano, che ha vinto la tappa di Orbetello dopo la penalizzazione di Viviani e vestito la maglia nella tappa successiva. I due superstiti si giocheranno molto verosimilmente la vittoria finale, a meno di ulteriori ritiri o di un uomo di classifica (Roglič o Carapaz, viene da pensare) che vada a vincere almeno un altro paio di tappe. Il favorito tra i due sembra al momento Arnaud Démare, che non è partito in grandissima forma (secondo ad Orbetello, terzo a Terracina) ma si è poi ripreso con gli interessi, vincendo la decima ed arrivando di nuovo secondo nell’undicesima tappa. Il francese potrebbe fare della regolarità nei traguardi volanti il suo punto forte, puntando poi alla vittoria di Santa Maria di Sala. Vittoria che gli sarà contesa ovviamente col coltello fra i denti da Pascal Ackermann, il giovanissimo tedesco che al suo primo Grand Tour, pronti-via, ha subito vinto alla prima volata, per poi ripetersi dopo tre giorni e consolidare quello che sembrava un buon bottino, salvo poi cadere rovinosamente nella tappa di Modena. Vedremo come si riprenderà dagli acciacchi, e come i due riusciranno a tenere nelle prossime temibili tappe per questo testa a testa finale.

Certo, la più evidente verità emersa dalle prime undici tappe è che Primož Roglič sembra un extraterrestre. Metterlo in difficoltà non sarà semplice per nessuno. Anzi, diciamocela proprio tutta, la verità: al momento sembra impossibile anche solo scalfirlo; lo sloveno è una vera e propria roccia, e non mostra alcun cedimento, alcun punto debole, alcun minimo appiglio sul quale attaccarsi, o provare ad attaccarlo. Quest’anno è di fatto imbattuto: dovunque è andato, ha distrutto tutti. A crono, in salita, in volata. Raramente abbiamo visto un corridore così solido, così bello in bici: potente, elegante, padrone di sé e anche del Giro, diremmo. Non ce lo immaginiamo ad andare in crisi, a lasciarsi staccare in salita da nessuno, e dalla sua ha pure un’altra cronometro all’ultima tappa.

Non solo a crono, non solo in montagna: anche negli arrivi di gruppo lo sloveno sembra imbattibile.

Eppure, se proprio vogliamo provare a metterlo sotto la lente d’ingrandimento, qualche elemento potenzialmente a suo sfavore riusciamo sicuramente a trovarlo.

Roglič è sicuramente il meno esperto tra i più forti. Ha corso soltanto tre stagioni in World Tour, e non ha mai vinto un Grand Tour (né è mai salito sul podio finale) a differenza di Nibali o Yates. Non ha l’esperienza di Landa (alla sua nona stagione in massima serie), né quella del pur molto più giovane Lopez, venuto fuori un anno prima di lui e con già due solidi terzi posti a Giro e Vuelta. Non ha, inoltre, una squadra forte come quelle degli avversari: Astana e Movistar sono due corazzate pronte a sparare cannonate durante la prossima settimana; la Bahrain Merida non porterà certamente nessun altro all’attacco oltre Nibali, ma ha uomini del calibro di Pozzovivo e Caruso per difendere capitan Vincenzo; la Jumbo-Visma, invece, ha già perso l’uomo destinato a scortare Roglič in prima linea, Laurens De Plus, e non sembra avere per il resto un organico all’altezza della situazione.

Il fatto che sia imbattuto vuol dire che il ragazzo è al top della forma già da metà febbraio. Negli Emirati Arabi ha vinto la tappa regina e ceduto soltanto a Valverde in uno sprint ridotto nell’altra asperità, dimostrando di essere già tiratissimo in un periodo in cui gli altri atleti stavano sbadigliando davanti al primo caffè della stagione. Dopo due settimane è andato a prendersi di forza la Tirreno-Adriatico scalzando all’ultima tappa Adam Yates, per il quale la Tirreno era il grande obiettivo della prima parte di stagione. Passato un altro mese, si è presentato al Romandia in una condizione impressionante: tre tappe vinte, ed oltre al primato finale anche la maglia a punti. Al Giro, dopo altre due settimane, è ancora lì a stravincere le crono e dare minuti di distacco a tutti. Non ricordo di alcun corridore che sia mai stato capace di tenere una forma così alta e per un periodo così lungo. E’ vero che la questione dei picchi di forma prolungati è stata parzialmente superata nel ciclismo degli ultimi anni, ma è altrettanto vero che nessuno (perfino il magnifico Froome dell’anno scorso) è mai riuscito a vincere con tanta continuità nel corso di tanti mesi consecutivi: se Roglič dovesse superare indenne anche l’attesissima terza settimana, dovremmo ammettere di trovarci di fronte a qualcosa di nuovo, di storico, ad un atleta che prima di oggi non era mai esistito.

L’entusiasmante crono con la quale
Roglič ha conquistato per un solo secondo la Tirreno-Adriatico

Chi crede che il Giro sia già finito, scontato nelle mani dello sloveno, dimentica però che di fatto non abbiamo ancora assistito ad una sola vera grande salita, e davanti a loro i corridori hanno almeno una ventina di scalate, ognuna delle quali può fare la differenza. Inoltre, stiamo vivendo uno dei Giri più freddi degli ultimi tempi, ed arrivare in alta quota e dopo dover anche affrontare le ardue discese (sempre che la giuria non decida di cassare qualche montagna valutando troppo pericoloso affrontarla) con la neve sarà impresa proibitiva per tutti.

Per avere un’idea della follia che ci aspetta, ecco un elenco degli appuntamenti con i prossimi mostri, il nostro calendario dell’avvento:

– 23 maggio: Montoso (1.247 metri, 9 km al 9.5%)
– 24 maggio: Colle del Lys (1.311 metri, 15 km al 6,5%); Pian del Lupo ( 1.405 metri, 9.5 km al 9%); Lago Serrù (2.247 metri, 20 km al 6%)
– 25 maggio: Verrayes (1.017 metri, 6.7 km al 8%); Verrogne (1.613 metri, 14 km al 7%); Truc d’Arbe (1.260 metri, 8 km al 7%); Colle San Carlo (1.951 metri, 10.5 km al 10%)
– 26 maggio: Ghisallo + Sormano + Civiglio + 232 km = Lombardia
– 28 maggio: Gavia (2.620 metri, 16.5 km al 8%); Mortirolo (1.868 metri, 12 km al 11%)
– 29 maggio: Passo della Mendola (1.370 metri, 11 km al 5%); Terento (1.244 metri, 6.5 km al 8%); Lago di Anterselva (1.640 metri, 5.5 km al 7%)
– 31 maggio: San Martino di Castrozza (1.478 metri, 13.5 km al 5.7%)
– 1 giugno: Cima Campo (1.425 metri, 19km al 6%); Passo Manghen (2.047 metri, 21 km al 7.5%); Passo Rolle (1.980 metri, 20 km al 5%); Croce d’Aune (1.015 metri, 11km al 5,5%); Monte Avena (1.225 metri, 7 km al 7.5%)

L’anno scorso, dopo un avvio sorprendente, ha nettamente pagato la famosa terza settimana al Tour, quando lo sforzo prolungato dei primi quindici giorni gli ha fatto perdere il podio proprio sul suo terreno preferito, la crono. Già, la terza settimana. La terza settimana, nel mondo del ciclismo, è un’entità a sé. Gli appassionati lo sanno bene: è qualcosa che si verifica soltanto tre volte l’anno, e fa tremare le gambe ai più affermati campioni, agli atleti con i migliori fisici del pianeta. Ascese oltre i duemila metri, sulle più alte strade asfaltate raggiungibili nel continente; aria rarefatta, quadricipiti boccheggianti in cerca di ossigeno che non c’è; discese a ottanta, novanta chilometri orari, senza casco senza tuta: solo tu ed una bici leggerissima in equilibrio precario su strade bagnate o innevate; cadute: costole e clavicole rotte, uomini che rischiano la carriera o anche la vita; problemi meccanici, ruote bucate e catene che saltano e cambi che non vogliono funzionare; crisi di fame e di sete, muscoli che vanno in frantumi, interi quarti d’ora persi in un battere d’occhio. Ogni Grand Tour ha mietuto vittime eccellenti, nella terza settimana: chiedete a Simon Yates, che l’anno scorso ha perso 38 minuti a Bardonecchia, o a Pinot che ne ha persi 45 a Cervinia ed è finito in ospedale, costretto a due mesi di stop per colpa di quella crisi mostruosa. Chiedete a Steven Kruijswijk, finito nella neve sul Colle dell’Agnello nel Giro di tre anni fa, mentre tentava di inseguire un Nibali scatenato. Andate a controllare in tutti gli almanacchi le storie dei grandi giri: sono disseminate di avvenimenti straordinari, le terze settimane.

E a proposito di Vincenzo Nibali. Questo Giro potrebbe essere il suo capolavoro. L’ennesimo. Nibali non è uno che vince in maniera normale; quando è favorito lascia che siano gli altri a fare la gara. Ma è quando parte da underdog che dà il meglio di sé, che riesce ad inventarsi numeri improbabili, a far saltare il banco. In più, gli altri tre grandi contendenti sembrano aver perso più terreno di quanto ci si aspettasse e dovranno ora fare di necessità virtù. Per due in particolare si prospettano situazioni tattiche interessanti: sia in casa Astana che in casa Movistar, infatti, potrebbe esserci un’inversione di tendenza, con i due capitani, Mikel Landa e Miguel Angel Lopez, messi peggio in classifica dei loro rispettivi scudieri, Richard Carapaz e Pello Bilbao. Questo permetterà alle due squadre di avere una doppia cartuccia da sparare: potrebbero attaccare già dalla prima salita impegnativa i due gregari di lusso, oppure direttamente i capitani e nel caso l’attacco andasse male gli altri due dovrebbero semplicemente restare in scia al duo Roglič-Nibali, costretti così a faticare doppiamente, e riprovarci poi alla prossima tappa utile.

Ma i nomi che vedremo entrare in azione nei prossimi giorni saranno anche tanti, tanti altri. Ovviamente non possiamo credere che Simon Yates non tenterà l’impossibile per recuperare i già quasi 4 minuti di ritardo accumulati. Conoscendolo, farà subito scintille, e potrebbe trovare lungo la sua strada degli alleati fino a pochi giorni fa insperati: Bauke Mollema è sembrato nelle due cronometro il più solido di tutti, e gente come Rafal Majka e Ilnur Zakarin potrebbe tranquillamente puntare al podio se volesse accendere un po’ di micce lungo il cammino. Bob Jungels sembra avere perso insieme ai chili anche molta potenza a cronometro, e questo vuol necessariamente dire che in salita sarà forte come mai.

Il Team Ineos e la Sunweb orfana di Dumoulin hanno poco da perdere, e tanto da guadagnare sia a livello di spettacolo che per l’inserimento a sorpresa di qualche uomo (Sivakov e Geoghegan Hart da una parte, Oomen dall’altra) nella top10 finale. Gli insospettabili Hugh Carthy e Mattia Cattaneo (che ha in squadra anche un fortissimo Fausto Masnada) hanno fatto, zitti zitti, delle cronometro di livello assoluto, e da loro ci aspettiamo, più che degli attacchi, almeno una strenua difesa delle posizioni, e molto probabilmente resteranno a ruota dei big in più salite di quanto ci si aspetterebbe. Stesso discorso ovviamente vale, last but not least, per colui che parte per il sesto giorno consecutivo con la maglia rosa, e che se pure non vincerà certamente il Giro non potevamo non nominare: il grandissimo protagonista, finora, del Giro numero 102, Valerio Conti.

Insomma, se almeno metà delle cose che potrebbero succedere succederanno, nei prossimi giorni assisteremmo alla terza guerra mondiale: una guerra pacifica e mirabolante da combattere su due ruote tra le Alpi e le Dolomiti. Siamo pronti? Il Giro è appena all’inizio, allacciate le cinture!

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