Con l’esordio in NHL nel corso di questo mese di agosto di Thomas Di Pauli, l’Italia ha chiuso il cerchio degli sport americani; in ognuna delle discipline più seguite degli Stati Uniti almeno un rappresentante del Tricolore ha calcato il campo.
NHL, MLB, NBA, NFL: in tutte è possibile ritrovare un tratto dipinto d’azzurro.
NHL
di Gianluca Viscogliosi

Di Pauli è stato il primo giocatore di hockey sul ghiaccio nato e cresciuto nello stivale a rompere il muro d’oceano tra Italia e Stati Uniti e a debuttare nella National Hockey League. Nella notte tra il 4 e il 5 agosto il 25enne di Caldaro (Bolzano) è sceso sul ghiaccio del Bell Center di Montreal con la maglia di Pittsburgh, nella partita poi risolta all’overtime dai Pens. Ma poco importa per lo sport italiano. Doppio passaporto per Thomas, papà altoatesino e mamma americana. Dopo i primi 14 anni di crescita italiana la decisione di volare negli states, a Chicago, per coltivare il sogno NHL. Prima i Mission Bantam per completare la maturazione, le giovanili delle selezioni americane e poi Notre Dame, tra i migliori programmi sportivi collegiali d’America. L’università che continuerà a onorare anche dopo la chiamata al draft del 2012 dei Capitals. La carriera vera e propria inizia nel 2016: i Penguins scommettono su di lui e, dopo lo svezzamento nel farm team dei Wilkes-Barre/Scranton, arriva l’occasione di confrontarsi con contratti a chiamata fino al debutto di inizio 2020. Linee d’attacco claudicanti per coach Sullivan, complici gli infortuni di Crosby e Lafferty, e quindi dentro anche il ragazzo di Caldaro. Pochi minuti, tanta emozione e voglia di fare ancor più la storia nel prossimo futuro: mettere a referto i primi punti e il primo gol della carriera NHL. Una lega che ha avuto anche prima di Di Pauli tracce di italianità, con Strazzabosco ‘provinato’ dai Sabres nel 2006 e con Thomas Larkin, primo italiano scelto al draft NHL (139° dei Columbus Blue Jacket, 2009).
Se prendiamo in considerazione le origini italiane, il contingente si allarga e si impreziosisce. Tra i più recenti Mark Recchi, Mike Modano e soprattutto Roberto Luongo, canadese sì ma con padre di Avellino, in possesso anche di un italiano fluente e preciso. Luongo ha militato a lungo nei Vancouver Conucks, franchigia di proprietà tricolore con la famiglia Aquilini a detenere le redini. Dal Canada alla East Coast, patria dell’hockey e degli italiani di seconda, terza e quarta generazione. Tra i primi John Mariucci, il padrino dell’hockey americano, con la sua militanza ai Chicago Blackhawks agli inizi degli anni 40. Negli anni 60 furono i fratelli Phil e Tony Esposito a portare in alto le origini italiane, con quest’ultimo perfezionatore del butterfly-style tra i golie. Portiere di livello fu anche Eddie Giacomin, colonna dei Rangers degli anni 60 e 70, leggendario come Dino Ciccarelli, che detiene con i suoi 608 gol il record di reti in NHL per un giocatore eleggibile al draft ma alla fine non draftato. Pillola finale per Mike ‘Rizzo’ Eruzione. Un cognome, una garanzia! Famiglia del Massachussets con lo stivale nel passato e nel futuro: Constance sposerà infatti Long John Chinaglia, intercettato negli States durante l’ultima parte della carriera calcistica. Mike invece non diventerà mai professionista, entrerà direttamente nella leggenda dello sport americano. Sarà infatti il capitano del Team USA che nei giochi olimpici del 1980 sconfisse in maniera inaspettata l’Unione Sovietica cavalcando poi verso l’oro finale. Il celeberrimo miracolo sul ghiaccio (in parziale salsa italiana).
MLB
di Roberto Gennari

In principio fu Ed Abbaticchio. Seconda base e Interbase, il suo debutto in Major League avvenne il 4 settembre del 1897, quando ancora in Italia non esisteva la Juventus, per dire. Il primo giocatore di origine italiana ad aver esordito tra i “pro”, il primo a vincere una World Series (nel 1909, quando giocava nei Pittsburgh Pirates). Il primo di tutti, insomma. Nel tempo libero, “Batty” giocava anche a football americano. Ma Abbaticchio era comunque il primo di una lunghissima sfilza di giocatori nati sul suolo USA da genitori italiani, un elenco che vede in Yogi Berra (nato col nome di Lorenzo Pietro Berra da genitori originari dell’hinterland milanese) l’esponente di gran lunga più famoso: 10 World Series vinte, scelto per l’MLB All-Century Team come catcher, è noto anche ai non esperti di baseball per aver ispirato il personaggio dell’Orso Yoghi (in inglese Yogi Bear) ai cartoonist Hanna-Barbera. Non ce ne voglia Anthony Rizzo, vincitore nel 2016 delle World Series coi Chicago Cubs (dopo un’attesa lunga 108 anni), ma il numero uno non può che essere lui.
Se invece cerchiamo il primo giocatore nato sull’italico suolo, il primato spetta a Louis Americo “Crip” Polli, lanciatore nato a Baveno, sul Lago Maggiore: per lui cinque partite nei St. Louis Browns nel 1932 e sei coi New York Giants nel 1944, oltre ad una vita spesa nelle Minor Leagues. Una lista che comprende altri sei giocatori oltre a Polli, da Reno Bertoia (612 partite tra il 1953 e il 1962) a Marino Pieretti (220 presenze tra il 1945 e il 1950) fino al più recente di tutti, il sanremese Alex Liddi, 61 partite giocate coi Seattle Mariners (con 6 fuoricampo) tra il 2011 e il 2013.
NBA
di Marco A. Munno

Nella pallacanestro della lega a stelle e strisce l’impatto di quella azzurra è stato ed è attualmente tangibile. Non è stato sempre così: per vedere i primi due italiani varcare l’Oceano, dopo la selezione al draft nel 1970 di Dino Meneghin da parte degli Atlanta Hawks mai tramutatasi in un ingaggio, si è dovuta attendere la stagione 1995/1996. Furono Stefano Rusconi e Vincenzo Esposito i due alfieri tricolori, rispettivamente con Suns e Raptors; il 12 novembre fu “Rusca” ad essere il primo a toccare il campo, il 15 fu “El Diablo” a segnare il primo punto italiano.
Dopo di loro, non concretizzati gli avvicinamenti di Fucka, Myers, Pozzecco, Galanda e Andrea Meneghin, è stata la volta del plotone di ragazzi che negli ultimi 15 anni hanno rappresentato il core della nazionale: la prima scelta assoluta del draft 2006 con cui Andrea Bargnani fu ingaggiato dai Raptors aprì la strada ai passaggi oltreoceano di Danilo Gallinari (miglior azzurro di sempre per rendimento nella Lega), di Marco Belinelli (unico a vincere un titolo, oltre al riconoscimento personale della vittoria nella gara di tiro da 3 punti nell’All Star Weekend del 2014) e di quelli meno fortunati di Gigi Datome e (almeno sinora) di Nicolò Melli.
Con le chanches di Alessandro Gentile e Achille Polonara ridotte al lumicino dopo gli abboccamenti delle ultime estati, per il prossimo sussulto di orgoglio Tricolore (oltre alla naturalizzazione di “Big Ragù” Donte DiVincenzo) restiamo in attesa di Nico Mannion, pronto al probabile salto dopo questa estate.
Il tutto senza considerare la retroattività: Alex Acker e Travis Diener hanno acquisito il passaporto italiano dopo aver già toccato i parquet della Lega, così come quel Mike D’Antoni che ci è poi tornato da coach, rimanendoci tutt’oggi come timoniere dei Rockets. Capeggia a tutt’oggi la pletora di italiani impegnati con ruoli diversi da quelli di giocatore: come assistenti allenatori (curiosamente nuovamente di Suns e Raptors) ci sono Riccardo Fois e il blasonato, nonchè campione in carica, Sergio Scariolo (mentre Ettore Messina è tornato in questa stagione nel BelPaese da San Antonio); come assistente general manager c’è Gianluca Pascucci ai Timberwolves; con ruoli da scout ci sono con diverse responsabilità Simone Casale ai Nets, Claudio Crippa agli Spurs, Adam Filippi ai Kings, Luca Desta ai Lakers, Stefano Lupattelli ai Timberwolves, Davide Prati ai Grizzlies, Fabrizio Besnari e Francesco Alfier ai Clippers, Marco Baldi e Francesco Cavalli ai Wizards, Massimo Biasin ai Thunder.
NFL
di Luca Amorosi

In una lega come la NFL, dove i giocatori stranieri sono una percentuale limitatissima, forse ancor più che nelle altre leghe sportive professionistiche americane, sono stati una decina e poco più gli italiani a fare almeno una presenza in campionato dal 1920 a oggi.
- ERA PRE-SUPERBOWL
I primi italiani in assoluto furono Giuseppe “Joe” Santone, molisano nato in provincia di Campobasso nel 1893, e Rocco “Rocky” Segretta, che disputarono entrambi alcune gare nelle file degli Hartford Blues nel 1926, quando la NFL era ancora agli albori e non era neppure divisa in division e conference. Giovanni “Jack” Bonadies, invece, proveniva dalla provincia di Potenza, emigrò con la famiglia vicino a New York e anche lui fu chiamato a giocare per gli Hartford Blues nel 1926, quando aveva già 34 anni. I Blues, insomma, furono una vera e propria colonia di italiani in quella stagione, l’ultima della loro storia. Quattro anni dopo, fu la volta di “Jumping Joe” Savoldi che approdò ai Chicago Bears nel 1930 debuttando nel ruolo di halfback nel giorno del Ringraziamento e realizzando l’unico touchdown della partita vinta contro i Cardinals. Savoldi verrà poi arruolato dall’esercito degli Stati Uniti come spia durante la seconda Guerra Mondiale. In tempi di guerra, furono tre gli italiani a vestire le casacche di squadre NFL: Enio Conti, nato a Napoli, giocò curiosamente in una squadra che era il risultato di una fusione tra Philadelphia Eagles e Pittsburgh Steelers per la carenza di giocatori a causa del conflitto; Bruno Banducci, originario di Capannori, in provincia di Lucca, anche lui nelle fila degli Eagles prima e dei San Francisco 49ers poi; e infine Francesco Graziano, uomo di linea dei Boston Yanks. Partì nel 1929 da Tortorici (Messina), invece, la famiglia Gorgone: il piccolo Pietro aveva nove anni ma crebbe in fretta e fu arruolato nei Marines durante la guerra. Tornato dal conflitto, arrivò la chiamata dei New York Giants con cui perse una finale di campionato contro i Chicago Bears. Dopo quella stagione, i medici gli consigliarono di abbandonare il football e così si reinventò giocatore di baseball. L’italiano che ha militato per più tempo nel roster di una squadra NFL è stato però Leo Nomellini, nato a Lucca nel 1924, che disputò ogni singola partita dei San Francisco 49ers per 14 anni, dal 1950 al 1963, per un totale di 266 presenze, tanto da essere inserito nella Pro Football Hall of Fame.
- DAL PRIMO SUPERBOWL A OGGI
Gli ultimi nostri connazionali in ordine di tempo a debuttare nella National Football League dalla istituzione del Superbowl nel 1967 sono stati tre kicker. Il primo è Sandro Vitiello, classe ’58 di Broccostella, provincia di Frosinone, che nel 1980 ha giocato due partite con i Cincinnati Bengals realizzando solo un punto addizionale. A lui è legata una curiosità: nel 1984 firmò con i Los Angeles Express, franchigia della United States Football League, lega che dal 1982 al 1986 provò a contrastare il monopolio della NFL con un campionato alternativo in primavera ed estate, quando la stagione NFL è ferma. Dopo di lui è stato il turno di Massimo Manca di Sassari, anche lui nelle fila dei Bengals ma sette anni più tardi, dopo stagioni di alto livello al college a Penn State: nel 1987 scende in campo in tre occasioni durante lo sciopero dei giocatori, con uno score complessivo di un field goal realizzato su due tentativi e tre punti addizionali. Il più recente e il più conosciuto è però Giorgio Tavecchio, nato a Milano, attualmente free agent. Dopo aver firmato per 49ers, Packers e Lions senza mai giocare, nel 2017, con la maglia degli Oakland Raiders, fu promosso dopo l’infortunio del titolare Janikowski. Il suo debutto contro i Titans fu perfetto: 4 field goal trasformati su 4 tentativi, di cui due da oltre 50 yard (record NFL per un debuttante).
Terminò quella stagione con 16 field goal realizzati su 21 tentativi. La stagione successiva, finì ai Falcons, dove ha disputato solo tre gare, senza sbagliare né un field goal né un punto addizionale. All’età di trent’anni, Giorgio merita sicuramente un’altra chance e tutta Italia fa il tifo per lui.
Concludiamo con alcuni giocatori celebri di origini italiane: Dan Marino, padre italiano e madre polacca, leggendario quarterback dei Miami Dolphins, con cui ha perso un Superbowl nel 1984 venendo però incoronato MVP della stagione; Joe Montana, madre siciliana e padre lombardo, vincitore di ben quattro Superbowl con i 49ers; Vince Papale, mitico giocatore dei Philadelphia Eagles dal ’76 al ’78, la cui storia ha ispirato il film Imbattibile (Invincible); Adam Vinatieri, pronipote del musicista italiano Felice Vinatieri, kicker classe 1972 (sì, avete letto bene) degli Indianapolis Colts, vincitore di quattro Superbowl con Patriots e Colts; Joe Flacco, bisnonni abruzzesi, quarterback dei Broncos e vincitore del titolo con i Ravens nella stagione 2012/13; e infine Jimmy Garoppolo, famiglia emigrata da Vasto, che cercherà di portare i suoi 49ers al titolo in questi playoff.
Insomma, possiamo dirlo forte: c’è un po’ di Italia anche nella National Football League!


Lo sport raccontato dal divano, Zidane e Rodman a cena dal Professor Heidegger.