Una volta a Milano mi è capitato di aspettare il tram di fronte a un cartellone pubblicitario digitale, di quelli che scorrono ogni volta diverse pubblicità. Due volte su tre mi appariva quella di Sky, e il faccione incuriosito di Fabio Caressa rivolto verso una strana luce abbagliante che conteneva, se non ricordo male, un primo esempio di Sky Q.
Fabio Caressa è stato per molti Il Telecronista dei Mondaili 2006 insieme all’accademico Beppe Bergomi, lo Zio, che da più di dieci anni accompagna il giornalista romano nelle telecronache.
Ma prima del Westfalenstadion , di “Andiamo a Berlino Beppe” e delle pubblicità in giro per Milano, Fabio Caressa è stato davvero molto altro.
Prima si è fatto notare come voce di punta di Tele +, poi è stato (e credo continui ad esserlo) un esperto di poker. È sicuramente un romano a Milano, nonché anni fa, uno dei personaggi preferiti del Gnok Calcio Show.
La svolta dei Mondiali ha fatto schizzare la PO-POlarità di Caressa in maniera incredibile, arrivando a renderlo praticamente ovunque, non solo su Sky. Il telecronista infatti è stato invitato più volte a parlare di POLITICA sulle reti pubbliche, è comparso al fianco della moglie Bendetta Parodi su Mediaset a cucinare e, come se non bastasse, accompagna migliaia di radio ascoltatori con degli interventi su Radio 105. Ma anche il “botto”: voce per anni di FIFA, con frasi da poter attaccare come magneti sul frigorifero (“E ci vuole b-ben altro per poter impensierire il portiere avversario” ad esempio, era la mia preferita).
Caressa è ovunque, anche quando non lo vogliamo.
Ho da tempo un abbonamento Sky con cui poter guardare sia Il Club la domenica sera dopo il posticipo, sia in precedenza, i suoi editoriali su Sky Sport 24 da condirettore di Sky Sport.
Qui ho intuito l’evoluzione del Fabio Caressa patriottico che tutti abbiamo apprezzato in Germania. Non è più quel giornalista-telecronista che racconta una partita con dettagliate indicazioni sui calciatori e le loro pronunce (chi se lo scorda più Clarence Siidorf). E’ diventato uno showman, un uomo che sa di calcio ma lo esprime tramite un canale linguistico-espressivo esageratamente pacchiano a volte troppo esasperato da sembrare ridicolo.
Funziona?
Certo che funziona, tutti guardano Il Club/Er Clab e aspettano la sparata della sera come fosse una nuova imitazione di Crozza (non a caso in questo articolo cee ne sono molte e più tardi verranno mostrate).
Il punto è un altro.
Il fatto che una delle figure principali di Sky sia mutata in una sorta di buffonesco sparabombe da bar sport mi fa riflettere sul fatto che in Italia, a parte pochi buoni, non ci sia più un giornalista sportivo vero (Paolo Condò scusaci).
Caressa ha perso serietà e credibilità, ha oltrepassato il limite dell’ironia-simpatia nel modo in cui gestisce la discussione. Oltretutto, sembra tutto completamente fatto apposta.
Non è che Caressa abbia magicamente smesso di essere una persona che conosce la materia con cui lavora e stia lì ad attendere la pensione: Caressa sa e non poco di calcio, di sport più in generale e possiede un’ottima conoscenza di cultura generale. Lo dimostra quando parla di Roma e delle squadre romane, quando esprimeva – male e goliardicamente – concetti durante l’editoriale, quando spiega certi passaggi tecnico-tattici durante le partite. Non è tutta fuffa, solo, se la sta attirando addosso.
Facciamo questo esempio: il tipo di calcio dell’Ateltico Madrid.
Durante un suo celebre editoriale su Sky Sport 24, Caressa parla dell’Atletico Madrid e del suo allenatore, il Cholo Simeone, esprimendo il suo parere su una squadra per lunghi tratti tra le migliori d’Europa negli ultimi anni.
“Il gioco dell’Atletico Madrid fa schifo ! E questo dobbiamo dirlo con grande chiarezza ! Ma come sono anni che in Italia ci diamo le martellate (come scusa !?) […] poi all’improvviso il Cholo è un grande!”
Fabio Caressa a Sky Sport 24
Caressa non ha torto e dice una cosa che di nascosto abbiamo pensato quasi tutti: il gioco dell’Atletico Madrid è stato praticamente la copia moderna del calcio neorocchiano e difensivista che gli italiani hanno giocato e giocano da decenni.
Un sistema in cui il grande sacrificio e la corsa dei giocatori veniva eseguita al solo scopo di creare una grande barriera davanti la porta. Analogie con il vecchio catenaccio ne abbiamo e come, ma qui arriva l’esagerazione del buon Fabio (non ce ne voglia quello di Striscia). In un editoriale su una televisione privata, eseguito dal condirettore del canale nonché massimo esponente dell’emittente sportiva, come si può scendere in quel tipo di linguaggio?
“Fa schifo”, “Che Guevara”, “rottura di palle”.
Obiettivamente troppo pesante, al di là della boutade, del personaggio e della (probabile) scelta di voler trasmettere un concetto forte e chiaro. Come questa su Simeone, si potrebbero citare le uscite sul portiere del Sutton (“speravo che si strozzasse … senza farsi male eh”/ “è un ciccione”) o gli incredibili strafalcioni durante le ultime uscite come telecronista, che i telespettatori di Sky hanno iniziato a notare.
La qualità del lavoro del Caressa-giornalista è scesa di molto durante le partite: confusione dei nomi (durante Juve-Ajax ha confuso almeno due volte Ronaldo con Bernardeschi), ipotesi azzardate su decisioni arbitrali, falli che solo lui vede. Decisamente troppo per un professionista del genere, che per anni è stato a un livello altissimo di prestazioni ma che ora, palesemente, è più sintonizzato sul ruolo di showman che su quello di giornalista.
E poi il giornalista sportivo che esce dalla sua nicchia calcistica e entra nel mondo mainstream.
Al di là delle ospitate alla cucina della moglie Bendetta Parodi, è diventato anche un tuttologo, un esponente dello sport chiamato a parlare di politica anche sulle televisioni pubbliche. Ora, questo può succedere a tutti, come chiamare Marco Travaglio a parlare di Juventus al Club (e comunque è parallelamente successo, Caressa ha infatti fatto intervenire il noto interista Enrico Mentana). Se non altro, da Floris a Di Martedì, non ha utilizzato il linguaggio romanesco degli editoriali.
C’è da aggiungere un’altro elemento. Un conto è esprimersi come opinionista sportivo facendo collegamenti con un altro settore, un conto è cercare di fare Er Clab pure da Floris (non è che Fabio ricambia il favore e chiama Floris a parlare del VAR?).
Caressa è diventato una sorta di idolo delle masse da risata grassa, una figura che attira show e attenzioni. Dunque, a Sky questo non può che andar bene, perchè la discussione intorno a un fenomeno simile crea pubblicità e esposizione mediatica, dunque, se volete vedere Caressa, dovete farvi Sky.
È lo stesso discorso che si sta creando intorno al futebolista Lele Adani, un altro personaggio che pur rimanendo molto spesso nei ranghi del giusto, si esprime con atteggiamenti e toni “fuori luogo” o comunque non abituali.
Ma quindi Caressa è realmente un divo? Deve essere ormai considerato uno showman? Per dirla alla maniera sua: nì.
Nel senso che la sua capacità di raccontare una partita rimane comunque di alto livello, con una preparazione e un ritmo che solo pochi hanno; d’altro lato però, l’egocentrismo che mette nelle dichiarazioni, nel modo in cui gestisce il (suo) club (clab) e più generalmente, ogni qual volta debba fare qualcosa, è diventato esasperante. Non c’è dizione, non c’è metro, non ci sono mezze misure (“me devo sbilancià?”): ogni cosa è esagerata. Magari lui pensava “Ogni cosa è illuminata“, come il film di Liev Schreiber. Ah no, ha confuso pure questa.
Ricapitolando.
Il Caressa mai fuori luogo che ci ha accompagnato durante Germania 2006 e che ci metteva a letto con tre ore di FIFA non esiste più. Esiste invece il Caressa magnus…
… eccolo. Allora, dicevamo, l’effetto magnus su Caressa.
È oramai uno showman che ha deciso di ribaltare l’dea di studio della domenica sera dove si parla di calcio, senza dover per forza ricreare l’ambiente standard, con conduttore in piedi e ospiti seduti dietro un tavolo.
Anche questa, in se e per se, è un’idea fantastica, made in Italy (ma chi ce l’ha il senzaggiacca) e che funziona in termini di ascolti.
Un format nuovo e più easy, meno rigido. Quello che però stona è la modalità con cui viene eseguito: prese in giro, battute sugli intervistati, bagarre, amici vecchi (Stefano “Stè” De Grandis, Lo Zio Beppe Bergomi, Cambiasso Cuchu) e nuovi (Gasperini, Rosetti, Mancini, Mentana e tutte le volte uno nuovo). Ma sempre con questo insopportabile stile libero della risata grassa, da salotto.
Caressa si è costruito un bar con gli amici a Rogoredo, in cui mancano solo qualche birretta, il biliardo, le freccette e i posacenere. Ma magari li mettessero, anzi, se li facesse mettere (visto che comanda lui), tutto sarebbe più comprensibile: questo è teatro!
In conclusione, come premio per questo flusso di coscienza contro il nuovo Caressa da salotto (non ho il numero, sennò lo linkavo volentieri per le vostre cene in cui fare colpo), ecco la top five horror (come dice lui) delle caressate.
- La lite con Spalletti dopo Fiorentina – Inter
- La prova Tv in Italia? AHAHAHAHA
- Caressa ai fornelli
- Bosingwaaaaaaaaaaaaaaaa!
- Con l’amico Stè in diretta

Nato a Jesi – quella lì vicino Ancona – è laureato in Lettere Moderne a Siena. Attualmente studente di Comunicazione a Milano, è anche Caporedattore a Numero-Diez.it. Condivide la passione per la letteratura americana con il calcio british e la cucina italiana in tutte le sue forme.