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Fin che la barca VAR | Crampi Sportivi

Fin che la barca VAR

A volte sentiamo la sua mancanza. In altre occasioni la vorremmo invocare per dare senso ad una partita, altrimenti noiosa.

O nel caso eclatante di Roma-Inter di qualche settimana fa, avrebbe spento il fuoco della polemica.

Dopo il primo abusato utilizzo nella stagione sperimentale, con 2.023 check e 117 decisioni arbitrali cambiate, quest’anno la tecnologia di video assistenza all’arbitro, sta sbiadendo la sua presenza in Serie A.

Dopo appena poco più di un anno, infatti, si è passati dal perentorio “dalla VAR non si torna più indietro” ad un più laconico “se è così che funziona la VAR, tanto vale farne a meno”.

In mezzo, tante dichiarazioni di facciata che dimostrano soltanto quanto dallo scorso campionato la Video Assistant Referee sia stata in realtà lasciata alla deriva di se stessa, rottamata a mero strumento di supporto occasionale, discrezionale, e nemmeno poi tanto ben voluto, dell’arbitro centrale.

Ma come funziona la VAR? Per fare subito chiarezza: la VAR funziona sempre, proprio come se fosse una sorta di “Grande Fratello”. Ogni azione ed ogni dinamica di gioco sono infatti sotto osservazione dei monitor dedicati.

Tuttavia, il ricorso all’ormai celebre on field review avviene – come da nuovo protocollo – solo in caso di: gol, rigori, rossi diretti, scambi di persona e di chiaro ed ovvio errore arbitrale.


Proprio l’introduzione dell’ovvietà dell’errore ha però spalancato le porte dell’oblio alla principale ragione dell’adozione del VAR: tendere all’azzeramento degli errori riducendo il margine di discrezionalità decisionale dell’arbitro.

Così facendo, invece, salvo appunto errori o sviste clamorose, si presume che l’arbitro abbia sempre e comunque valutato in via indipendente la dinamica di gioco;

e di fronte ad una valutazione soggettiva il VAR (cioè l’arbitro che siede dietro al monitor in cabina di regia) non può in alcun modo intervenire o richiamare il direttore di gara.

Totti introduce il paradosso della VAR di Schroedinger: nella cabina non si può mai sapere se la VAR è viva o morta

Alla luce di ciò, ecco quattro proposte la cui applicazione a costo zero rilancerebbe il progetto VAR, restituendogli funzionalità, centralità e spettacolarità.

Obbligo di intervento in azioni delicate, complesse o fulminee

Il calcio è uno sport episodico, fatto di estemporaneità memorabili ed imprevedibili.

In ogni momento la decisività di un episodio può orientare un match in un senso piuttosto che in un altro. È il caso di un rigore non concesso o, più banalmente, di un fallo a metà campo non fischiato per un’errata (ma non chiara ed ovvia) valutazione arbitrale da cui è scaturito il gol in contropiede della squadra che ha ribaltato il fronte.

Ora l VAR deve intervenire solo in caso di errore evidente


Non è meno raro, poi, che l’azione abbia uno sviluppo così veloce che l’arbitro nemmeno ha la possibilità di soffermarsi su una decisione da prendere in poco più di una frazione di secondo.

Ebbene, è proprio in questi casi che il VAR avrebbe maggior licenza di intervento. Se all’arbitro centrale è infatti demandato il compito di seguire lo svolgimento del gioco senza pregiudicarlo (vale infatti sempre la regola che nel dubbio si lascia giocare), ben potrebbe il VAR focalizzarsi sull’episodio dubbio e vivisezionarlo con maggiore attenzione e calma.

Un prezioso silent check, che solo in caso di esito positivo porterebbe ad un espresso richiamo al direttore di gara a tornare sui suoi passi, sia ad azione in corso che ad azione finita.


Il tutto, volendo, senza nemmeno l’on field review in caso di manifesta irregolarità dell’intervento o della situazione di gioco. In circostanze invece di maggiore complessità ben venga il confronto tra i due arbitri.

Vantaggi: nessuna frammentazione del gioco, maggiore serenità arbitrale, maggiore tutela dei calciatori in campo, snellimento del protocollo.
Svantaggi: nessuno.


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Richiesta dei capitani

Se i giocatori sono i veri protagonisti di una partita di calcio, è bene che possano avere la possibilità di richiedere l’attivazione del VAR in casi che si potrebbero definire di elevata dubbiosità o decisività (come ad esempio un fallo di mani in area di rigore su rimpallo, un fuorigioco millimetrico o persino di una deviazione che abbia poi condotto ad un calcio d’angolo).


Che la review sia chiesta in situazioni attive o passive non importa. Attraverso l’interlocuzione esclusiva dei capitani, la VAR potrebbe assurgere a garante decisionale della prestazione sportiva in generale e non solo quindi di quella arbitrale.

Sarebbe una vera e propria rivoluzione.

E a chi storce il naso basti pensare a quanto è accaduto in Chelsea-Man City dello: Ederson lascia sfilare intenzionalmente sul fondo un tiro innocuo di Barkley, quest’ultimo chiede un corner che l’arbitro concede, sugli sviluppi David Luiz raddoppia, stroncando di fatto la partita dei cityzens.

A bordocampo, il solo Guardiola a ripetere stancamente al quarto uomo “It’s not corner, it’s notcorner”. Cosa sarebbe successo se il giovane portiere brasiliano avesse potuto chiedere la revisione dell’azione ai monitor? Meglio non dirlo mai al buon Pep…


NB. La possibilità di richiedere l’intervento della VAR potrebbe essere estesa anche agli allenatori. 

Introduzione di maxischermi dedicati

Italiani, popolo di Santi, poeti e navigatori… ma proprio per questo, non dimentichiamo chi siamo, da dove veniamo e, talvolta, come abbiamo vinto.

È infatti grazie ad un replay passato su un maxischermo durante una finale mondiale che l’Italia di Lippi potè beneficiare dell’espulsione (decisiva?)di Zidane dopo la celeberrima testata rifilata a Materazzi.

Allargare quindi la visione delle immagini VAR a tutti presenti allo stadio? Sì, l’idea è proprio quella.

Ed il motivo è semplice: la VAR ha segnato innegabilmente una rivoluzione culturale cui il pubblico ha immediatamente aderito positivamente. È infatti proprio il pubblico ad invocare l’intervento della tecnologia nei momenti critici o dubbi, chiedendo di essere coinvolto più o meno direttamente nella decisione finale;

o quanto meno di esser reso partecipe nel ri-vedere ciò che il giudice supremo della contesa sta esaminando.

Che lo si voglia o no, con la VAR il pubblico è ancor di più parte integrante dello spettacolo, accompagnato da lunghi silenzi, agitazione,sguardi fissi e speranzosi in attesa della decisione, preghiere rivolte agli Dei del Calcio.

Pane per registi e le decine di telecamere assiepate tra gli spalti, nelle tribune e a bordocampo. Perché allora non valorizzare tutto questo? Perché non renderlo ulteriore momento di ricchezza emotiva di uno sport già emozionalmente parossistico?

Intervista agli arbitri nel dopo gara e contestuale abolizione della moviola tv

Parlando di rivoluzione culturale, non si poteva che finire sul tema più delicato di tutti: l’ineffabilità della classe arbitrale italiana.

Sembra incredibile, ma in Italia nessuno ha mai sentito parlare un arbitro – se non a distanza di tempo (persino di anni) dagli episodi che magari ne hanno segnato la carriera.

Certo, parlano i vari Nicchi, Rizzoli, Collina, ma sarebbe davvero impagabile vedere a fine gara un arbitro presentarsi davanti ai microfoni dei giornalisti per parlare della partita, certo, ma all’occorrenza anche spiegare alcune decisioni controverse o non chiare a tutti.


Senza gogne mediatiche, senza stucchevoli moviole, senza accanimenti di sorta,vedere un arbitro che serenamente si presta ad interloquire con il pubblico mettendoci la faccia sarebbe senza dubbio lo spot migliore per un movimento ammorbato da sospetti, retropensieri e sfiducia nei confronti del “sistema” di cui proprio gli arbitri appaiono a volte come alfieri predestinati.

Purtroppo, però, uno scenario che nulla ha di irrealizzabile appare oggi come una meravigliosa e lontana utopia, per via dell’atteggiamento di dirigenti, tifosi, media, giocatori e proprio degli arbitri stessi.

In particolar modo, all’autoreferenzialità arbitrale si oppone la cinica miopia delle società, con entrambe le parti troppo impegnate a portare acqua ai propri mulini per accorgersi dell’inaridimento diffuso che stanno provocando.


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