È di nuovo quel periodo dell’anno: gli appassionati ormai vedono tutto rosa, maggio è il mese dell’amore nel mondo del ciclismo. Tanti, troppi gli spunti che come al solito il Giro d’Italia si porta dietro. Difficile metterli tutti dentro una pagina. Ognuno dei 184 atleti al via si porta dietro una storia che sarebbe degna di essere raccontata in un capitolo a sé. E poi c’è la Storia: quella del Giro, alla sua edizione numero 104 (la novantesima per il più grande simbolo dell’Italia nel mondo del ciclismo, la Maglia Rosa) e quella dell’Italia e degli italiani (sono cento anni dalla nascita del grande Alfredo Martini, e settecento dalla morte di Dante Alighieri, celebrati con la tappa in partenza da Ravenna il 21 maggio).
Le tappe
Sembra un Giro di altri tempi, questo del 2021, in partenza oggi da Torino, un Giro con una separazione netta tra la prima parte dedicata a fughe e velocisti, e la seconda agli uomini di classifica. Parrebbe quasi un Tour degli anni ‘90, se non fosse per la presenza molto ridotta di chilometri a cronometro: soltanto 8 alla prima tappa e 30 all’ultima. Manca un Indurain nel pelotòn, certo, e Filippo Ganna non è (ancora?) in grado di tenere il passo su salite troppo impegnative. Di fatto quindi, l’idea è che sarà una gara imprevedibile, difficile da interpretare. In teoria già nella prima parte ci sono due-tre tappe (Sestola, Ascoli Piceno, Campo Felice) che potrebbero prestarsi al gioco di chi vorrà fare battaglia dura dall’inizio, ma il dubbio è il solito: meglio conservare le energie per la fatidica terza settimana, o iniziare a fare la differenza già da prima, rischiando di saltare poi lungo il percorso?
Nel mezzo del cammin, il vero spartiacque – alla tappa numero 11, l’esatto epicentro della corsa – sarà la Perugia-Montalcino, con 35 chilometri di strade bianche a fare sicuramente la prima grande selezione: una spettacolare ‘Brunello wine Stage’ per la quale l’imperdibile appuntamento è il 19 maggio. Gli uomini di classifica non dovranno lasciarsi sorprendere, perché da lì in poi la strada si farà tutta in salita: lo Zoncolan alla tappa numero 14, Pordoi e Giau alla 16, la diciassettesima con altre due salite di prima categoria, la ventesima con San Bernardino, Passo dello Spluga e Alpe Motta.

Tantissime le storie appassionanti, dicevamo, che si nascondono dentro la grande storia del Giro. Ma il Giro che vorremmo, noi amanti degli underdog, è un Giro nel quale non saranno i favoriti a dominare, ma ci sarà spazio per le sorprese, per gli sconosciuti, per i gregari, gli esordienti, i mai vincenti: è a loro che dedicheremo le nostre attenzioni. Il Giro che non vorremmo è quello scontato, già previsto, che a detta di tutti saranno soltanto in tre a giocarsi. Sarebbe bello che in ogni squadra saltassero gli schemi, e si aprissero spazi imprevisti per quei ragazzi che non partono come capitani, ed ai quali andiamo a dedicare questo pezzo.
Tra favoriti e outsiders
Uno dei tre grandi favoriti è sicuramente Remco Evenepoel, l’enfant prodige che nell’arco di un solo anno aveva ribaltato tutte le regole e fatto perdere i riferimenti ad appassionati ed addetti ai lavori, prima del semitragico incidente al Lombardia dello scorso agosto. Per molti sarà lui a vincere la corsa rosa, anche se la gara segna di fatto il rientro del belga alle corse dopo ben 9 mesi, oltre che il suo esordio assoluto in un Grand Tour. Sapere in che stato di forma sia è assolutamente impossibile, ma sento di sbilanciarmi contro tutti i bookmakers dicendo che al Giro farà gamba ed esperienza, aiutando il suo compagno Joao Almeida a lottare per il vertice: il ventiduenne portoghese ha fatto un’esperienza importantissima lo scorso anno, restando in maglia rosa per due settimane e concludendo al quarto posto senza dare grandissimi segni di cedimento nella terza settimana, e potrà sfruttare a proprio favore l’attenzione che tutti dedicheranno al suo capitano sgravandosi di stress e responsabilità. Nello squadrone Deceuninck un’ottima alternativa è anche l’interessantissimo italiano Fausto Masnada, già ottimo nono l’anno scorso a Milano e terzo al Romandia pochi giorni fa.
L’altro grande favorito è il vincitore del Tour de France 2019, il colombiano Egan Bernal, all’esordio al Giro d’Italia. Saltato malamente al Tour dell’anno scorso, si è rivisto splendente alla Strade Bianche e poi di nuovo fuori forma alla Tirreno-Adriatico. Negli ultimi giorni ha anche lamentato degli strascichi del suo problema di lunga durata alla schiena (solita pretattica?), il che aprirebbe le porte al suo lungo gregario Pavel Sivakov, vincitore in Italia del Tour of the Alps due anni fa e poi ottimo nono al Giro dello stesso anno. Il russo partirà probabilmente nascosto e se all’inizio resterà all’ombra del capitano potrà beneficiarne nella terza settimana. Anche in casa Ineos c’è un possibile terzo uomo da classifica: il colombiano Daniel Martinez non ha mai lottato per i vertici di un Grand Tour, ma è un ottimo scalatore e con la forma mostrata la scorsa estate tra Tour e Dauphiné può fare qualsiasi cosa.
Colui che potrebbe diventare il vero uomo da battere è a questo punto Simon Yates, in maniera piuttosto bizzarra perché a mio avviso non è il più affidabile dei corridori sulle tre settimane. Di certo non può nascondersi dopo aver dominato il Tour of the Alps: maglia bianca al Tour del ’17, vincitore della Vuelta ’18 e protagonista assoluto al Giro lo stesso anno, perse però in maniera quasi tragica la Rosa per una delle crisi da terza settimana più dure di sempre nel giorno del mitico Colle delle Finestre di Froome; vedrà finalmente anche il Giro sorridergli? A differenza delle altre squadre, la Bike Exchange non ha previsto un piano B: i due gregari più forti Mikel Nieve e Tanel Kangert, seppur uomini di grande esperienza, non sembrano in grado di poter sopperire ad un eventuale crack del capitano andando a fare classifica.

Un altro uomo in gran forma è sicuramente Mikel Landa. Che sia la volta buona per il basco? Per lui è l’occasione della vita, un ora o mai più: il landismo è vivo più che mai, ed i pochi chilometri a cronometro potrebbero favorire quello che tra gli uomini di classifica è di certo il più puro degli scalatori. Ma la maledizione che Mikel si porta dietro nei grandi giri ci spinge a guardare nella Bahrain al suo compagno e corregionale, l’infaticabile all-rounder Pello Bilbao, con molta attenzione (oltre al sempre ottimo Damiano Caruso, già più volte top ten nei grandi giri, che dirà sicuramente la sua).
A portare in alto i colori italiani dovrà essere, ancora una volta, l’ormai trentaseienne Vincenzo Nibali: ventiquattresimo grande giro per lui, decimo in Italia. Lo squalo sarebbe ufficialmente ancora infortunato, dopo essersi rotto il radio soltanto quindici giorni fa in allenamento, ma ha avuto l’ok dai medici e può quindi far finta di essere sano. Certo partirà con l’handicap, e le sue stagioni migliori sembrano passate: sono quasi due anni che non vince una gara ed il suo grande obiettivo di fine stagione (di fine carriera?) è dichiaratamente l’Olimpiade di Tokyo, ma quando Vincenzo è in gara sappiamo bene che possiamo aspettarci qualsiasi cosa da lui.
Tra gli altri ragazzi dai quali possiamo presumere un’altissima classifica generale c’è sicuramente l’australiano Jai Hindley, che dopo aver sfiorato l’impresa l’anno scorso andrà a formare un’inedita coppia d’attacco con l’esperto francese Romain Bardet, già due volte sul podio al Tour e da non sottovalutare assolutamente in questo suo esordio al Giro; l’inglese Hugh Carthy sembra perfetto per i ripidi finali alpini: viene dal terzo posto alla Vuelta di sei mesi fa ed ha mostrato a fine aprile di essere già in forma per le Alpi, oltre ad avere alle spalle una squadra molto interessante (Guerreiro, Carr, Bettiol i suoi uomini di fiducia); la promessa del ciclismo russo Aleksandr Vlasov è rimasto con l’amaro in bocca l’anno scorso quando il suo Giro finì non ancora iniziato, e ci riproverà stavolta da capitano unico dell’Astana; la speranza Movistar è sicuramente il catalano Marc Soler, mentre nel team Jumbo-Visma la grande opportunità è per George Bennett, da sempre gregario dei vari Dumoulin, Kruijswijk e Roglic, che a 31 anni ha per la prima volta i galloni di capitano; in casa BORA vedremo una squadra divisa a metà tra i due capitani, uno dei quali, Emanuel Buchmann, farà classifica e proverà ad eguagliare, se non migliorare, il quarto posto ottenuto al Tour del 2019.
Altri due italiani che potrebbero mettersi in luce sono Davide “Roccia” Formolo, chiamato a risolvere l’eterno dubbio classiche/grandi giri (sarà capitano unico?) e dirci finalmente qual è la sua vera dimensione, e l’eterno Domenico Pozzovivo, 39 anni a novembre, decine di ossa rotte, una postura in bici brutta e scomposta che nemmeno io sulla rampa che mi porta a casa, ma una garra che sulle due ruote non si è mai vista, al quindicesimo Giro e ventunesimo grand tour in carriera (e già sette volte è finito in top ten).
Altra competizione interessante sarà quella che vedrà i velocisti contendersi la maglia ciclamino, con almeno quattro arrivi di tappa (la seconda a Novara, la quinta a Cattolica, la settima a Termoli e la tredicesima a Verona) previsti in volata, più altri due (la terza tappa a Canale e la quindicesima a Gorizia) in cui le ruote veloci dovranno probabilmente contendere la tappa alla fuga di giornata. Protagonisti assoluti saranno il mitologico eroe Peter Sagan (per lui pronta un’altra impresa con attacco da lontano come l’anno scorso, o riuscirà a regolare anche le volate di gruppo?), l’australiano Caleb Ewan (già vincitore di cinque tappe al Tour, tre al Giro ed una alla Vuelta, ed in forma stratosferica sei settimane fa alla Sanremo) ed il colombiano Fernando Gaviria (anche lui già vincitore cinque volte al Tour e due al Giro), ai quali si affiancherà sicuramente l’italiano più in forma del momento, Giacomo Nizzolo, due volte vincitore della classifica a punti del Giro ma ancora mai vincitore di tappa. Moltissima curiosità suscita il rientro alle gare di Dylan Groenewegen, 9 mesi dopo la pesante squalifica subita per l’incidente con Jakobsen: un anno fa era probabilmente il velocista più forte al mondo, ma come si presenterà dopo quasi un anno di inattività?
In grandissima forma è il belga Tim Merlier, alla sua migliore stagione finora (molto brillante nelle classiche di primavera) ed esordiente al Giro; molte speranze italiane sono riposte in un ritorno di Elia Viviani ai livelli ai quali ci aveva abituato fino a due anni fa (già cinque le tappe vinte, oltre alla maglia conquistata nel 2018).
Per quanto riguarda le due cronometro, tutti gli occhi saranno ovviamente puntati sul campione del mondo Filippo Ganna; a contendergli il primato il francese Rémi Cavagna ed il due volte campione europeo Victor Campenaerts, e probabilmente almeno in quella di oggi anche Evenepoel. Parleremo poi anche nei prossimi giorni dei cacciatori di tappa, capitanati dal sempre agguerrito Thomas De Gendt. Stay tuned!

In principio fu Saul Bellow. Poi arrivarono, disordinate in momenti di distrazione, le altre folgorazioni: Diablo & Pirata, Kurt & Eddie, Tondelli e Maradona, Carver e Djorkaeff. A vent’anni la diagnosi ufficiale: grafomania.
Romanziere per vocazione, scrivo anche di sport e di musica da quando ho capito che a farli non ero in grado.