Questa è una storia di record imbattibili segnati da qualcuno che è esistito per talmente poco tempo da essere già stato dimenticato.
Ci sono vite che vanno in fretta, più in fretta di altre. Michael Kearney a 10 anni era già laureato; Fabiano Caruana a 14 anni era Gran Maestro di Scacchi; Saul Aaron Kripke a 15 anni aveva già tenuto la sua prima lezione a Harvard. Werther Gaiani a 14 anni, 11 mesi e 4 giorni segnò il suo primo gol tra i professionisti, in Serie B.
Per mera curiosità, o per una specie di vouyerismo temporale, ogni tanto mi metto a scartabellare statistiche e record del passato. Forse perché a 12 anni il mio obiettivo era quello di diventare il più giovane portiere ad esordire in Serie A. Anno dopo anno, superata la possibilità di realizzazione una volta compiuti i 17 anni, l’obiettivo è cambiato: più giovane ad esordire in nazionale, più giovane a giocare una finale di Champions, portiere meno battuto della Serie A. Ad oggi potrei diventare solo il più vecchio esordiente tra i professionisti.
In questa smania di nostalgia della carriera che non fu, l’altro giorno mi sono concentrato sui record della Serie B. Tra la squadra che ha fatto meno punti in un campionato (la Lucchese del 52/53) e la partita con più gol (un 12-0 tra Brescia e Anconitana il 24 giugno del 1951) scorro fino ai record personali. Il giocatore più vecchio è l’immortale Pierobon, che giocò una partita a 44 anni e 253 giorni nel 2014; quello che ha fatto più gol in una partita risulta essere Meggiorini, che nel 2009 ne butta dentro 4 all’Avellino. Quando arrivo al Giocatore più giovane cado dal pero: chi è Werther Gaiani? 14 anni? Perchè non ne ho mai sentito parlare? Sarà una svista, un errore di inserimento del sito. Ne controllo un altro, uguale. Mi fiondo su Google e digito W E R T H E R G A I A N I: il record è vero, reale, consultabile e ufficiale.
Giocava con il Molinella, squadra che a sua volta ha avuto il record di aver rappresentato il comune più piccolo tra i campionati professionisti per 56 anni, fino all’avvento del Castel di Sangro nel ’95. Molinella è una cittadina della provincia bolognese che oggi conta più di 15mila abitanti (100 anni fa molti meno) e lì Gaiani naque il 29 giugno del 1925. La vita scorreva abbastanza tranquilla, il mondo intorno stava accumulando tensioni , è vero, e la prima guerra mondiale aveva lasciato i segni, ma tutto sembrava sereno in quel momento: già 13 anni dopo le cose cambiarono radicalmente. Il giovane Werther (ho provato a non farlo il gioco di parole scontato, ma in una storia con un soggetto del genere era impossibile) dava calci al pallone tra un oratorio e l’altro. Non erano certo tempi di scuole calcio con completi uniformi a 600€ l’anno, si giocava letteralmente per strada, nei cortili e, appunto, negli spazi esenti IMU (che non si chiamava IMU. O forse non c’era ancora) nei dintorni delle chiese.
Saluti da Molinella – Piazza Vittorio Emanuele II
Werther Gaiani il 1940 lo vive metà anno da quattordicenne e metà da quindicenne. Un anno non sembra niente superati i trenta, pesa un po’ superati i venti, ma prima pesa davvero tanto. E la differenza di una settimana a cavallo del compleanno di un adolescente è sempre importante: dire “Ho 15 anni” o dire “Ho 14 anni” fa tutta la differenza del mondo. Fino al 29 giugno, quindi, Werther ne aveva ancora 14. Ed era forte, fortissimo, tanto che presto si ritrovò tra le fila della squadra del suo paese, quella del miracolo del piccolissimo comune tra i giganti. E non nelle formazioni giovanili, era davvero troppo forte per i suoi coetanei: Werther si allena con i grandi.
Il 2 giugno del 1940 il Molinella ospita la Pro. Pietro Genovesi è l’allenatore degli emiliani: ex nazionale italiano, uno da 250 partite e 2 scudetti col Bologna. Genovesi, quel giorno, decide di scrivere la storia: dentro di se forse pensò “sarò quello che avrà fatto esordire tra i professionisti il più forte calciatore italiano di tutti i tempi, resterò nella storia per questo“. D’altra parte il ragazzino sembra poter giocare tranquillamente con gli adulti non solo perchè è veloce e ha grande padronanza coi piedi ma anche perchè sembra incredibilmente carismatico per la sua età.
A inizio partita, in quel 2 giugno del 1940 sul campo del Molinella, Werther Gaiani stabilisce un record che appare praticamente imbattibile: esordio in Serie B a 14 anni, 11 mesi e 4 giorni. Per rendere l’idea: 8 mesi più giovane di quanto lo fosse Amedeo Amadei al suo, di esordio. Il più giovane di sempre per le prime due categorie del calcio italiano.
All’86esimo la squadra di casa, che sta cercando di non retrocedere, sta incredibilmente spezzando a metà i più quotati avversari: siamo 5 a 1. Proprio a quel minuto il Molinella rincara la dose e segna il sesto gol. A buttarla dentro è proprio Gaiani, il ragazzino. Appena 86 minuti dopo aver segnato il primo, imbattibile record della sua vita ne segna uno ancora più imbattibile: il più giovane a segnare un gol tra serie A e serie B a 14 anni, 11 mesi, 4 giorni e 86 minuti.

Nel 1990 il giornalista Gino Strocchi raccontò un aneddoto:
Con Werther Gaiani ho avuto la fortuna di giocare nelle rappresentative regionali “under 18”, come si direbbe adesso, in più di un’occasione. Per tutti “Gaianén”, come lo chiamavamo perché ancor più giovane di noi, nonché per il suo fisico minuto, ma agile e di grande intelligenza calcistica, era la mascotte portafortuna. Con lui in squadra la rappresentativa della nostra regione, guidata dall’ex azzurro Perin, non ha mai perso una partita. Ricordo la prima di queste: si giocava a Parma, avversaria la rappresentativa lombarda. C’era in squadra con noi anche un altro grande molinellese, che qualche anno dopo arrivò ad indossare perfino la maglia della Nazionale: Augusto Magli. Eravamo giù a tavola, seduti nel salone della “Corona Ferrea”, dove eravamo giunti alla spicciolata, vestiti alla meglio con le nostre valigie di fibra, posate acconto alle sedie, quando improvvisamente, bene inquadrati e con una divisa uniforme, fecero la loro entrata gli avversari, sotto la guida di De Vecchi, chiamato il “Figlio di Dio”. Gaiani capi al volo il nostro stato d’animo e disse ridendo di gusto: “Beh, dopotutto, hanno due gambe proprio come noi”. In campo, i lombardi, nelle cui file erano schierati nomi che poi diverranno famosi – Annovazzi, Begni e Granata, fra gli altri – andarono in gol dopo appena cinque minuti di gioco.Tornando a centro campo per la ripresa del gioco, Gaiani chiese alla nostra panchina: “Quanto manca alla fine?”; “Ottantacinque minuti”, fu la risposta di Perin: “Allora, abbiamo tempo di rimediare” fu la sottolineatura del nostro indimenticabile compagno di squadra. Ed ancora una volta, Gaiani ebbe ragione, perché la partita finì 4 a 1 per noi e per Gaiani, autore di due splendide reti, negli spogliatoi fu festa grande.
L’incontro tra le rappresentative U18 di Emilia Romagna e Lombardia
Il campionato 43/44 viene giocato “a pezzi” e ad oggi è conosciuto come “Campionato Alta Italia“: doveva essere un torneo a divisioni regionali, con le vincenti a scontrarsi poi in un torneo finale. Questo non avvenne, il campionato fu disconosciuto ufficialmente l’8 agosto del 1944 con un comunicato della Federazione Italiana Giuoco Calcio. Il torneo venne comunque organizzato sebbene i gironi del sud non vennero considerati e quello del Lazio non diede nessuna squadra alla competizione a causa dell’avanzata alleata. A vincere fu il “Vigili del Fuoco Spezia“, società che accettò di raccogliere le ceneri dello Spezia del presidente Perioli, catturato dai tedeschi e spedito nei campi di concentramento in Germania. Il Vigili del Fuoco Spezia tesserò tutti i calciatori dello Spezia Calcio con la promessa di restituirle i cartellini a guerra finita. Ma questa è una storia diversa.
Quell’anno Gaiani è al Forlì, in Serie C. Anche per la terza divisione la questione organizzativa fu un bel casino, in quella stagione. Il campionato fu suddiviso in 12 gironi da un massimo di 12 squadre per ridurre i costi di trasferte e sposamenti vari. Il Forlì vinse il suo girone con discreta tranquillità e Gaiani, che l’anno precedente aveva firmato 15 reti, fu uno dei protagonisti. Il girone finale per arrivare in Serie B, invece, non andò bene, il Forlì racimolò appena 2 punti e chiuse al 5° posto, ultimo.
La guerra, ora, è sempre più presente.

Nel 1944 Ettore Puricelli, famosissimo e storico centravanti uruguayano, era tesserato per il Bologna FC. Durante il periodo più duro, quello dei bombardamenti, andò a rifugiarsi a Molinella da alcuni parenti della moglie. Il campionato era fermo ma il pallone continuava a rotolare, qua e la nei campi, e Ettore giocò alcune amichevoli indossando la maglia del Molinella insieme a Gaiani, che gli faceva da spalla in attacco. Puricelli aveva già 28 anni, aveva giocato con i più grandi dell’epoca, vinto diversi scudetti e segnato tantissimo, eppure rimase ammaliato da quel ragazzino esile ma velocissimo. Nello spogliatoio Puricelli disse a Gaiani: “Avrai un grande futuro in Serie A, Gaianén“. Werther ne era felice e voglio pensare che fu proprio l’uruguagio a consigliare ai dirigenti del Bologna FC di tesserare Gaiani per la stagione 44/45. Il Bologna, la squadra che aveva già vinto 6 scudetti, l’ultimo un paio d’anni prima! Il massimo in quel momento, un “top club”, una delle squadre più forti del mondo!
Puricelli scampò ai bombardamenti, sopravvisse alla guerra e, a carriera finita, allenò in Italia per 30 anni. E Gaiani?

Quella che sarebbe dovuta essere la stagione 44/45 della Serie A non fu mai disputata. Vennero organizzati alcuni tornei di zona, a Roma, a Genova, in Lombardia, in Toscana, in Campania, in Puglia, in Abruzzo e in Sicilia. Nessuno a Bologna, nessuno in tutta l’Emilia-Romagna. I rossoblù e Werther Gaiani erano quindi fermi, senza neanche la vaga idea di una normalità. Bologna era una polveriera, i bomardamenti erano frequenti e si poteva passare molto tempo a tremare e riflettere, nascosti ovunque ci si potesse nascondere. Mentre tutti intorno a lui speravano di salvarsi le chiappe per tornare a fare la vita di sempre Gaiani in quei momenti deve aver pensato: “Si sbrigasse a finire questa guerra, voglio giocare in Serie A, è arrivato il mio momento“.
Nel ’44 Piola aveva già segnato più di 200 gol, Amadei una 50ina, Valentino Mazzola faceva innamorare ad ogni movimento in quello che stava diventando il Grande Torino. Il Bologna era una delle squadre più forti e vincenti insieme a Genoa, Pro Vercelli, Juventus e Ambrosiana. Tutti stavano aspettando solo la fine della guerra per poter ricominciare a vivere, a vedere il cielo, a correre dietro a quel pallone.
Werther aspetta più degli altri: tutti sanno che sarà un protagonista assoluto dei prossimi 20 anni di Serie A, è quello di quei due record imbattibili. Uno che gioca tra i professionisti adulti a 14 anni è già speciale, se poi alla stessa età, all’esordio, segna pure allora siamo di fronte a un predestinato. Uno da 200 gol in Serie A, più di Piola, più di Amadei. Più carismatico di Mazzola. A battagliare sul campo contro il Grande Torino. A mangiarsi campi, scudetti, classifiche dei cannonieri. Che gran carriera farà!
Silvio Piola (1913 – 1996)
Già, un predestinato. Werther predestinato lo è: il suo destino è quello di non esistere. Il primo settembre del 1944 Bologna è sotto assedio. Gli alleati bombardano a ripetizione. Sulla Bolognina era caduta una pioggia di bombe già il 24 agosto. A nascondersi si rischiano le bombe degli alleati, a scappare in strada si rischiano i fucili dei nazisti. Passerà. Deve passare. Questo pensa Gaiani, nascosto proprio alla Bolognina. Lo aspetta la Serie A. Lo aspettano le maglie rossoblù. Lo aspettano le trasferte, i titoli di giornale, gli allenamenti. Werther aveva 19 anni ed aveva fatto tutto in fretta, tutto gli era successo prima. Tutto, purtroppo.
Il primo settembre del 1944, durante il bombardamento sulla Bolognina, morirono un centinaio di persone. Tra questi c’erano uomini, donne, bambini, madri e padri, fratelli e sorelle, amanti, amici, nemici, genii, buoni, cattivi e gente comune. E c’era anche il calciatore italiano più forte di tutti i tempi che nessuno ricorda più: Werther Gaiani.

Fino ai 18 anni era sicuro che avrebbe fatto il calciatore. Poi qualcosa è andato storto e si è buttato sul cinema, poi sull’arte contemporanea, poi anche sul blogging, sul digital marketing e alla fine ha optato per condensare tutto in un termine: storytelling. Ma sotto sotto sogna ancora di fare il calciatore.