Tracciare una linea ben definita del personaggio Kimi Raikkonen è praticamente impossibile
“The right words do not need others to mean something”.
Una volta letto il manifesto con cui introduce il suo libro di Haiku, stampato in occasione del GP di Suzuka 2018, in duemila copie lapalissianamente autoironiche, il vecchio Kimi, dopo aver sollevato gli immancabili occhiali da sole, sono sicuro mi odierebbe col solo sguardo per tutte le parole che seguiranno, oltre questa già – per lui, immagino – prolissa introduzione.
Sarà per il suo costante schivare le domande dei giornalisti (spesso inutili, ridondanti o così insensate) da sembrare un mix tra una canzone di Calcutta e un discorso di Di Maio, o per la sua espressività, che supera e di gran lunga quella di Ryan Gosling diretto dal miglior Refn, che tracciare “la leggenda del santo bevitore” non è impresa facile.
Specie perché, paradossalmente al netto di quanto detto, Kimi è il pilota più popolare secondo solo a LVI, e se non avete capito di chi parlo, potete anche smettere di leggere.
Non c’è profilo-Instagram-di-Hamilton-o-esultanza-ridicola-di-Vettel che tenga. L’abbiamo visto con i nostri occhi: gli spalti di Monza e i festeggiamenti di Austin sono esplosi per le rispettive pole e vittoria di Iceman.
E forse per inquadrare un minimo il personaggio bisognerebbe dosare tra le risposte laconiche date durante le interviste, spesso di un’ironia che la stand up comedy italiana può solo sognarsi, e alcuni avvenimenti del suo privato, che sembrano estrapolati dalla biografia di una qualsiasi icona Rock alcolizzata.
Di seguito qualche esempio alternato.
“Perché hai deciso di fare il pilota?”
“Perché non volevo svegliarmi presto al mattino”.
È stato trovato nudo nel letto di un attore il giorno della sua prima comparsa in Ferrari.
“Per molti piloti il casco ha un significato speciale. Cosa significa per te?”
“Protegge la mia testa”.
Ha provato a passare assieme al proprio bagaglio nello scanner di un aeroporto perché: “Volevo avere un’immagine del mio corpo”.
“Cosa pensi dell’Halo? Ti è servito?”
“Mi ha protetto dal sole”.
È stato a una festa di 16 giorni, quindi è andato a correre il GP di Spagna ed è arrivato terzo.
Immune alle critiche e allo scorrere del tempo, l’uomo di ghiaccio rimbalza tutto ciò che è superfluo, da quando all’alba del terzo millennio impressionò tutto il mondo della Formula 1, compreso LVI che al momento del ritiro lo scelse come degno erede.
Kimi lo fa per concentrarsi sull’unica cosa che gli interessa: correre.
Oggi si affaccia alla sua nuova avventura targata Alfa Romeo con la calma, ormai usuale e al limite della mitologia, di chi pare abbia in qualche modo già intravisto degli scorci futuri.
Insomma, nel bene e/o nel male, il finnico veterano, che tra le altre cose fungerà anche da Maestro Myagi del debuttante Giovinazzi, è destinato a essere ancora uno dei protagonisti del paddock.

Eppure, realisticamente parlando (e ogni cosa realistica è triste da copione), la sensazione è che allo scadere dei due anni di contratto, le riserve di ghiaccio finiranno per sciogliersi.
Con l’amara consapevolezza che quando il ghiaccio sarà definitivamente sciolto, non seguirà alcuna primavera.
Cheers Kimi
Articolo a cura di Antonio Romagnoli

Lo sport raccontato dal divano, Zidane e Rodman a cena dal Professor Heidegger.