Uno di quelli che ci ha insegnato ad amare il motociclismo

Sono passati otto anni da quella tremenda mattina (per noi che la guardavamo da casa) di Sepang

Sono otto anni che non riusciamo a liberarci dalla sensazione di aver perso qualcosa di troppo grande per essere descritto a parole.

Potremmo limitare la questione al mero aspetto comunicativo, e in un mondo di interviste in cui i piloti danno risposte copiate con la carta carbone da qualcun altro che a sua volta le aveva copiate e così dai tempi di Anton Mang, probabilmente, il Sic è sempre stato uno vero fino in fondo.

Niente “abbiamo avuto un weekend problematico”, ma anche “questa vittoria è in primo luogo del team”.

Marco Simoncelli era (anche) quello di “sua sorella aprirà le gambe”, quello di “meno pugnette più gas”, per capirsi.

Non solo quello, anzi, molto di più, soprattutto in pista, che poi è quello che conta davvero.

Uno senza filtri, capace di dire solo la verità, nient’altro che la verità, vostro onore, per cui anche chi lo odiava non riusciva a farlo fino in fondo, perché il Sic era uno che con la sua stessa esistenza ci testimoniava che una vita come la sua era solo un gigantesco scherzo, che quando sei un ragazzo a Coriano non ci pensi mica per davvero che finisci in MotoGP a giocarti il podio, con gli occhi della Honda HRC su di te, e allora magari anche la sua uscita di scena è stato solo uno scherzo che purtroppo non aveva nulla di divertente.

Perché a parte il comunicatore, noi appassionati abbiamo perso un pilota pazzesco, uno che ha vinto un mondiale in 250 in sella ad una Gilera, pilota italiano su moto italiana.

Vi risparmiamo la fatica di cercare: ad oggi, l’ultimo ad esserci riuscito e che nelle sei gare precedenti il GP della Malesia aveva raggiunto il suo primo podio a Brno, aveva steccato la gara di Indy, poi messo insieme tre quarti posti consecutivi ed aveva raggiunto il suo miglior risultato nella classe regina la settimana precedente (col secondo posto di Phillip Island alle spalle di Stoner e battendo in volata Andrea Dovizioso).

La famiglia Simoncelli, poi, ha perso un figlio, un fratello, un ragazzo incredibilmente solare: niente può spiegare quello che loro si portano dentro da otto anni a questa parte, inutile anche solo provarci.

E allora torniamo al presente, a questa MotoGP dove Marquez vince quasi senza rivali, al netto di un commovente Dovizioso, compagno e avversario di mille battaglie del Sic. Quanto ci saresti stato bene, nel MotoGP di oggi, Marco, a movimentare un po’ le gare, a mettere pressione in pista e a smorzare le tensioni fuori, che il MotoGP non è più la stessa cosa da quando non ci sei più tu, la tua aggressività in pista, la tua leggerezza fuori.

Ci hai privati tutti del meglio che avremmo potuto ammirare di te, eppure non smetteremo mai di volerti bene, non ti dimentichiamo. Non lo abbiamo fatto neanche quest’anno, nonostante le vite frenetiche di tutti noi, nonostante Valencia 2015: ci siamo seduti alla tastiera e abbiamo cercato di scriverti, per il poco che siamo capaci, il nostro grazie a te che sarai sempre uno di quelli che ci ha insegnato ad amare il motociclismo.

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