È arrivato il momento di pensare ai playoff NFL
Ci siamo. È di nuovo quel periodo dell’anno.
Se a Natale tutte le persone di fede rivolgono gli occhi a Cristo, dopo Natale tutti gli appassionati di football americano rivolgono gli occhi ai playoff di NFL, per sapere chi staccherà il biglietto per il Super Bowl.
È la NFL, baby!
Quella che, come ricorda il film “Zona d’ombra”, possiede il giorno della settimana che un tempo apparteneva al culto, al proprio credo.
Analizziamo quindi, in sintesi, quelli che saranno i Divisional Round, incontro per incontro.
Kansas City Chiefs – Indianapolis Colts
Pistole contro capi indiani.
Sembra un classico western di John Ford, di quelli dell’epoca del cinema classico e dell’era degli studios, invece è un match di football americano.
E che match.
In casa gioca Kansas City. Bella, bellissima da vedere.
Mahomes, nonostante qualcuno gli rimproverasse un footwork presumibilmente non all’altezza, ha fatto della lucidità e dell’imprevedibilità i propri assi nella manica. Tanto all’interno della tasca quanto all’esterno sembra in grado di tirare fuori un coniglio dal cilindro.
Gioca con l’accortezza e il piglio di un veterano, ma la carta d’identità dice che ha solo 23 anni. In questo ha sicuramente aiutato iscriversi al college di Texas Tech, in quella che è terra dove si cresce a pane e football, e anzi, dove una volta spesso il primo mancava e spesso si viveva solo del secondo.
Andy Reid attorno al proprio quarterback ha costruito un attacco funzionale, che rende i Chiefs una vera spina nel fianco per chiunque vi si imbatta.
Una delle chiavi della partita sarà l’attacco sui passaggi, che i Colts faticano a contenere. La difesa di Indianapolis, inoltre, è abbastanza giovane, per cui è verosimile che soffrirà tanto il ricevitore Tyreek Hill quanto il tight end Travis Kelc. Soprattutto se la gara dovesse rimanere sui binari dell’equilibrio.
Attenzione però, perché i Colts non faranno scena muta.
Innanzitutto perché, oltre a quelli citati, i Chiefs hanno il solo Damien Williams come arma, mentre Spencer Ware è in dubbio.
In secondo luogo, il team guidato da Luck, ad inizio stagione dato tra i peggiori, ha già sovvertito tutti i pronostici sfavorevoli. Il quarterback di Indianapolis ha potuto raggiungere il 59.4% di passaggi completati sia grazie all’efficacia in ricezione di Hilton, Inman e Rogers (ma il primo è in dubbio) sia per l’efficacia della propria linea d’attacco.
Non c’è dubbio che il trio composto da Quenton Nelson, Ryan Kelly e Mark Glownski abbia messo il lucchetto a Luck, consentendogli un rendimento d’alto livello.
Dovranno continuare così, perché i Chiefs hanno la pass rush di livello altrettanto alto, mentre scricchiolano nel reparto dei linebacker, fattore che, con qualche lancio bel calibrato, potrebbe vanificare il lavoro compiuto in attacco da Kansas City.
Dallas Cowboys – Los Angeles Rams
Se cercate su Google quali siano i paesi con più passione per il football, vi troverete più classifiche che grossomodo riportano la stessa cosa: Texas e California sono tra i primi posti.
Hey, cosa hai appena detto ragazzo?
Il Texas passi, in fondo una delle rarissime opere di stampo italiane dedicate a casco e spalliera è lo splendido “Football&Texas” di Roberto Gotta, uno che le esperienze del football statunitense le ha vissute dal vivo.
Ma la California? No, impossibile, ci sono i Lakers e i Warriors di basket professionistico e UCLA in quello di college, i Dodgers di MLB, ma il football?
Dopo che a Los Angeles hanno visto emigrare le proprie squadre più volte?
Dopo che si è saputo che Oakland perderà i Raiders a vantaggio di Las Vegas? Plausibile, anzi, sicuro.
Principalmente perché il business della NFL è un conto, ma la fame e la voglia di football è un altro paio di maniche.
Un indizio?
Anno 2016, prima puntata della quarta stagione di Agents of S.H.I.E.L.D., la serie tv della Marvel che va in onda sul canale generalista ABC.
Uno dei personaggi secondari rimprovera all’altro di dedicarsi ad attività di relativa importanza mentre in città era appena tornata la squadra di football dopo anni. Parlava dei Rams.
Può sembrare una forzatura, ma sapendo che la Casa delle Idee ha sempre dato importanza alla verosimiglianza delle proprie produzioni, allora possiamo pensare che il destinante della frase rispecchiasse il sentimento di un’intera comunità, quella losangelina, che dopo vent’anni riabbracciava una squadra di football cittadina.
Che ha deciso di fare le cose in grande tra l’altro.
Prima mettendosi nelle mani di Sean McVay, trentenne offensive coordinator allora ai Redskins, e poi pescando Suh e Talib sul mercato.
Con la palla letteralmente e metaforicamente in mano a Jared Goff, L.A. in questa stagione regolare ha viaggiato spedita come una locomotiva nel selvaggio West, anche se con tre fisiologici stop.
Accanto al q.b. Todd Gurley si è ben comportato, mentre in profondità Cooks e Woods sono stati due arieti difficilmente arrestabili per gli avversari, collezionando per esempio in due 42 big plays complessivi.
Segno di solidità, da testare nel dentro-fuori ma pur sempre una base da cui partire. E come se non bastasse, anche il gioco di corse è efficace, con i già citati Gurley e Woods.
Servirà. Servirà tutto, perché quella Cowboys sulla pass rush più che una linea d’attacco è una vera e propria cavalleria galoppante, alle cui spalle si muovono Vander Esch e Smith, con Awuzie e Jones a chiudere una ulteriore mandata a protezione della endzone amica.
Una difesa su cui Dallas farà molto affidamento, per compensare un attacco in cui oltre a Elliott e Cooper tocca che sorga qualcuno, magari Gallup o Beasley.
Altrimenti la gara più affascinante dal punto di vista del football rischia di essere di fatto a senso unico.
New England Patriots – Los Angeles Chargers
Se si giocasse a pallacanestro, questa sfida sarebbe una classica.
Boston (è vicino, dai, non siate pignoli) contro Los Angeles, quelli del Massachusetts delle schiene spezzate contro i californiani amanti della bella vita.
La difesa contro l’attacco, e altre banalità da storytelling passatista più o meno assortite.
Bill Belichick su questo tipo di narrazioni ci calca un po’ la mano, ma non sarebbe nell’olimpo dei coach di sempre di questo sport se il suo lavoro si basasse solo sul comunicare la grinta e l’impegno.
Il coach dei Patriots in realtà è tremendamente bravo a capire dove posizionare un giocatore, che cosa fargli fare e cosa fargli imparare perché tutto il meccanismo sia perfettamente in sincrono e raggiunga i risultati attesi.
Con questa perizia ha costruito una linea d’attacco che regge l’urto sia contro le corse che contro i lanci.
Ciò permette a Tom Brady di servire in relativa serenità i vari Julian Edelman, Rob Gronkowski e James White, a cui quest’anno si è aggiunto l’ultimo della cucciolata, Sony Michel.
Fin qui tutto bene, poi iniziano le note dolenti che rendono New England meno imbattibile rispetto al recente passato.
La difesa è parecchio rivedibile, e a parte Michel non si vede chi possa garantire un’opzione aggiuntiva ai soliti noti. Fattore non da poco a favore dei Chargers, che dispongono di un chiavistello difficilmente penetrabile vicino alla endzone (la coppia di safety James-Addae e quella di cornerback Davis-Hayward) e due pass rusher di alto livello (Ingram e Bosa).
In più, due backfield come Rivers e Gordon si trovano a meraviglia, e a seminare scompiglio nella difesa avversaria, come non bastasse, ci sarebbe anche Keenan Allen.
Forse questo è l’incontro che desta più curiosità, per vedere chi avrà la meglio tra la attuale dinastia regnante in calo o la possibile nuova nobiltà.
New Orleans Saints – Philadelphia Eagles
Parafrasando i nostri antenati potremmo dire “NOLA me tangere”.
In effetti, NOLA tocca un po’ tutti. Gli addetti ai lavori, per la passione che sa sprigionare un altro territorio ricco di tradizione di football, e gli appassionati, che ancora si cullano nel ricordo di un Super Bowl giocato magnificamente ed entrato nel cuore per il significato che ebbe: la rinascita per una città, quattro anni dopo l’uragano Katrina.
I Saints di questa stagione stanno letteralmente marciando, come quelli della canzone.
Brees è il vertice di un Triangolo delle Bermude (peraltro non lontanissimo, in senso lato) i cui altri due angoli sono Alvin Kamara e Michael Thomas.
Qualche dato per descrivere la loro stagione.
Il primo ha raccolto di media 58.9 yard in corsa, con 14 touchdown, e 47.9 in ricezione, con 4 realizzazioni. Il compagno, nell’ultima categoria, mette in fila 87.9 yard di media, e nove volte è arrivato in endzone.
Potranno essere cifre buttate lì a caso. In realtà certificano quanto il reparto offensivo sia la vera picca dei Saints. Almeno, questo per quanto concerne il backfield, perché la linea d’attacco sembra soffrire nel pass-blocking, e su questo piccolo tallone d’Achille potrebbero colpire i campioni in carica.
I quali hanno, viceversa, una difesa che è salita di giri, dopo l’inizio incerto del primo scorcio di regular season.
Jenkins e Bradham hanno ciascuno 97 placcaggi effettuati, e così sono un fattore rispettivamente nel profondo e sulla secondaria, mentre Graham o Long compongono con Cox, Ngata e Bennett una D-Line davvero asfissiante, come d’altronde sono i dirimpettai offensivi, in particolare nel cuore, dove pattuglia il trio Seumalo-Kelce-Brooks.
Il problema però, sono le opzioni scarse per mandare la palla dove serve affinché il tabellino si muova.
Foles vive di lune tutte sue non sempre favorevoli, le corse di Adams e/o Smallwood spesso sono a vuoto, e così finisce che, in quanto tight end, Ertz può finire per essere identificato dalla contraerea nemica come l’unico pericolo.
A Philadelphia serviranno i migliori Jeffery e Agolhor per provare a difendere il titolo, altrimenti i vari Jordan, Bell, Apple e Williams avranno gioco fin troppo facile nel difendere il fortino di New Orleans.
Approfondimento a cura di Luigi Ercolani

Soprannome “Condor” guadagnato sui campi da calcetto di Bologna (o così vuole la leggenda), scrive per Basket Magazine. Cimentatosi con il football americano ispirato da “Le riserve”, adora Trieste, la ex-Jugoslavia, il calcio inglese.