A gennaio è uscito il nuovo album di figurine Calciatori Panini
Lungi da fare ragionamenti nostalgici, possiamo stabilire con certezza che l’album della Panini resta l’ultimo baluardo che collega tutti i calciofili, da quelli che “il pallone” lo seguivano in radio, a quelli che hanno provato ad imitare le acconciature di El Shaarawy negli ultimi anni.
L’album dei calciatori è una passione italiana che iniziò nel lontano 1960, senza interrompersi mai, figurina di Gabigol inclusa.
Di evoluzioni, il concept di album ne ha vissute parecchie, partendo dalla prima storica edizione contentente un errore clamoroso: nell’edizione 1960 – 61, il calciatore in copertina Sergio Brighenti viene rappresentato con la maglia del Padova, quando invece quest’ultimo militava nella Sampdoria.
Una tradizione che ha già superato il mezzo secolo di storia, ma che trova con il calcio dei tempi più recenti, una connessione idilliaca.
Sono infatti giocatori come Maldini e Totti a possedere una sorta di record con la Panini.
L’ex capitano del Milan è il calciatore più presente nell’album (24 volte), mentre lo storico numero 10 della Roma è il più presente in copertina (6 volte), privilegio concesso a Cristiano Ronaldo per la nuova edizione Panini 2018 – 2019.
Con l’album delle figurine Panini ci stiamo dentro tutti, nessuno escluso.
Per questo abbiamo raccolto in redazione, le figurine che per noi hanno significato di più nella nostra storia da collezionisti (e forse vita).
Christian Agnelli, Foggia Calcio

Posso dire che il mio amore per il calcio sia cresciuto in maniera proporzionalmente diretta alla passione per gli album delle figurine Panini.
Nel mezzo di una ventina di edizioni collezionate (e mai finite) c’è il dilatarsi degli anni, il passaggio da ragazzino a uomo. E tante memorie di famiglia.
Da mio fratello che apriva l’album e mi interrogava sulla squadra di appartenenza dei giocatori più assurdi, a mia sorella che premiava i miei voti a scuola con decine di pacchetti.
E poi c’è una promessa con la storia, con il Foggia e il capitano storico: Christian Agnelli.
Mio padre ospitava nel suo centro sportivo proprio a Foggia, alcuni allenamenti della squadra di Zeman. Poi negli anni successivi le squadre giovanili. Da lì parte il mio legame con i satanelli.
Ma a causa dei 19 anni tra Serie C e Leg Pro, non avevo mai avuta una figurina col busto di un giocatore del Foggia.
Una promessa durata tanti anni, fino al compimento.
Foggia in Serie B nel maggio 2017 e figurina del capitano.
Per ora solo nel tridente di figurine, tipico della serie cadetta, ma spero nel completamento della Cappella Sistina: la Serie A.
Figurina di Luigi Di Maso
Andrea Raggi, Empoli

Completare un album Panini, per la precisione quello 2005-2006 con Eugenio Corini tra i frontmen, è probabilmente l’unica cosa portata a termine con successo del periodo della scuola media.
La figurina alla quale sono legato, per un curioso caso del destino o forse perché le cose vanno così e basta, è quella di Raggi.
All’epoca tesserato dell’Empoli e ancora dotato di capelli.
Il motivo?
Fu quella con la quale completai la raccolta, dopo quasi un mese e mezzo di ricerche, rimediata dal mio barbiere di fiducia, che da allora ha un posto nel mio cuore. Insieme a Raggi. Dell’Empoli.
Figurina di Gabriele Conflitti
Alessandro Del Piero, Juventus

Non era tanto la prima figurina dei propri giocatori preferiti a dare l’emozione massima, quanto i corrispettivi doppioni col passare delle settimane.
Pescare Del Piero nel 2006 significava averlo attaccato di volta in volta nel diario, nell’armadio, nel quaderno in cui creavo la Top 11 del campionato.
Insomma, dopo qualche mese il buon Pinturicchio mi seguiva ovunque, come il santino nel portafoglio di mia madre…solo che Padre Pio un gol con il suo nome non l’ha mai avuto, e non ce l’avrà mai.
Figurina di Mattia Musio
Alexandre Pato, Milan

C’è stato un tempo in cui la carta batteva il digitale.
Sì, perché le figurine le scambiavo proprio fra una lezione
di Storia sull’Antica Roma e il “quante mele ci sono se” della matematica.
Quindi parliamo delle figurine, quelle vere, quelle della Panini.
Un argomento che esige una scelta: non si può pretendere che un pre adolescente coltivasse già il mito della nicchia – quello arriverà un po’ più tardi – e quindi non potevano che esserci nel mio pantheon eroi come Buffon, Francesco Totti.
Ma una figurina a cui proprio mi ero legato era quella di Alexandre Pato.
Ero da poco un adepto del pallone e quel video di un ragazzino che palleggiava con la spalla ha brillato nei miei occhi – milanisti – più di un dribbling di Seedorf o di una sgroppata di un oramai senile Cafù.
Dalla figurina si intravedeva tutto il lato umano di Pato, timido, introverso ma con un qualcosa dentro da tirar fuori. Qualcosa di grande.
Non era molto se non per me, e per quanto innocente, aveva un gran fuoco dentro.
Figurina di Riccardo Belardinelli
Virtus Lanciano, Serie B

Ci sono cose che non si decidono, accadono e basta.
Il colore degli occhi, per esempio: ci nasci e te lo tieni, senza fare questioni.
Nel gennaio 2015 mi sono ritrovato in mano una figurina della Virtus Lanciano, all’epoca in Serie B. Non so bene perché, accadde e basta.
Forse la davano con qualche giornale, forse la rubai. Da qualche tempo non facevo più l’album – raggiunti i 25 anni non facevo bella figura ad appostarmi fuori dalle elementari per scambiare le figurine – e presi la decisione che adesso mi pare più ovvia.
Quella figurina della Virtus Lanciano è da allora il mio segnalibro, tanto che ce l’ho scritto sopra: “segnalibro”, sia mai che qualcuno la attaccasse da qualche parte.
E così da quattro anni Mammarella, Thiam, Conti & Co. passano da Zadie Smith a David Peace, passando per Daniel Pennac e Tiziano Terzani. Senza mai sapere bene perché.
Figurina di Gianmarco Lotti
Paulo Sérgio, Roma

Come puoi non innamorarti di un brasiliano, campione del mondo, arrivato a sorpresa in una strana estate del ’97 che porta a Roma oltre a lui anche Lucenti, Dal Moro, Cesar Gomez, Servidei, Vagner e Scapolo insieme allo Zeman post-Lazio?
Aveva quell’aria felice del brasiliano anni ’90, forte tecnicamente, veloce, sorridente.
Ha attraversato il calcio italiano troppo in fretta, solo due anni, from Germany to Germany, from Bayer to Bayern.
E mi ha lasciato qui, ancora oggi a rimpiangerlo.
Figurina di Valerio Savaiano
Hidetoshi Nakata, Roma

Questa è la storia di un alieno, che arrivò in Italia per cambiare le sorti di un intera popolazione.
Non si tratta di un racconto di Asimov, ma della Serie A degli anni ’90, dove tutto era possibile e i presidenti si indebitavano fino al collo pur di vincere un trofeo.
E’ il 1998, e con la sua navicella spaziale atterra a Perugia un certo Hidetoshi Nakata.
Si ricorderà per sempre di lui per il missile infilato alle spalle di Van der Sar in quel Juventus-Roma che valse lo Scudetto ai giallorossi.
Poi, come se nulla fosse, riprese freddamente le chiavi della sua navicella e sparì, disinteressandosi anche della festa al Circo Massimo.
Si dice oggi che sia in giro per il mondo con il viso sorridente, ma io lo ricorderò sempre con la faccia che aveva nella figurina Panini, anno 2001: opaco, distaccato, schivo.
Proprio come ti aspetti che sia un alieno.
Figurina di Gianluca Notari
Michael Konsel, Roma

Michael Konsel, portiere austriaco della Roma di Zeman, è il primo ricordo che associo all’album di figurine Panini.
Era il 1998, avevo nove anni, e scartare la figurina di un portiere brizzolato e della nazionalità di uno sciatore piuttosto che di un calciatore, mi lasciò a metà tra il divertito ed il perplesso.
Non seguivo ancora assiduamente il calcio, e così, quando lo vidi per la prima volta alla “Domenica Sportiva” volare tra i pali a salvare la sua Roma mi sembrò un invincibile!
Ad ogni suo intervento spostava più in là la mia concezione di “parata impossibile”, e quel suo modo di andare incontro all’avversario quando tutto pareva perduto – anziché rimanersene buono sulla linea in attesa del proprio destino – fu per me una rivoluzione.
Ricordo con affetto Michi Konsel perché mi iniziò all’emozione del calcio giocato.
Figurina di Armando Fico
Ever Banega, Inter

Anno calcistico 2016-2017, mi ritrovo in mano questo mattoncino bianco, tenuto insieme da un elastico.
Mister, ma tu le fai le figurine dei calciatori?
Nostalgia istantanea, una forza invisibile mi abbraccia e mi proietta indietro di 15 anni.
Non ho mai finito un album di figurine in vita mia.
Forse perché per certe cose ho poca pazienza o perché trovare troppe volte il doppio scudetto brillante della coppia Spezia-Ternana distrugge piano piano la tua fiducia nel meccanismo della fortuna.
Fortuna, in questo contesto, che penso sempre di aver esaurito completamente trovando Ronaldo nel primo round di pacchetti acquistati a 500 lire tanti anni fa.
“Non le faccio le figurine, non le faccio da non so quando. Allora ti regalo questa, è dell’Inter!” Ever Banega.
Quanta speranza avevo riposto nella sua visione.
Quel pomeriggio sono andato in edicola, ho comprato l’album e mi son ritrovato più volte seduto in terra a fare scambi. Sulle mensole di casa mattoncini bianchi di doppie, trattenuti dagli elastici.
Non ho finito nemmeno quell’album, ma che sentimento senza tempo.
Figurina di Mattia Polimeni
Pierre Laigle, Sampdoria

Gli eroi son tutti giovani e belli: così si diceva a proposito di una locomotiva.
Quella però di marca francese differiva. Pierre non era esattamente bello. E sulla gioventù, dal look ha sempre mascherato un’età che risultava indecifrabile.
Però, quanto viaggiava quel treno, su quella fascia mancina.
Puntuale, sempre. Efficiente. Indefesso.
Dalla classe che si manifestava sporadica, ma in quelle occasioni d’impatto.
Nascosto dietro un’anonima effigie, non è questa alla fine la definizione di un eroe?
Figurina di Marco Munno
Edgar Davids, Juventus

Il volto corrucciato di Edgar Davids, nell’annata 1997-1998, era in molti taschini e in molti portafogli.
Perché?
Era su una scheda telefonica, di quelle che la Telecom di tanto in tanto faceva in serie per le collezioni e che erano a tema.
“Gli introvabili”: Giannini col Lecce, Zago con la Roma, il già citato Davids juventino, Chamot alla Lazio, Ganz milanista, El Chino ai primi passi nerazzurri e il buon Asprilla del Parma.
Sembrava capitato per caso davanti alla macchina fotografica, con quell’espressione da foto di famiglia che faceva mettere da parte il pallone.
Quando mio padre me la diede per chiamare l’amico lontano, scelsi lui: era della Juventus, e si era trasferito perché il suo, di padre, aveva cambiato lavoro.
L’espressione però era la stessa del campione di Paramaribo: corrucciata, perché non voleva andar via.
Figurina di Matteo Munno
Bonus: Davide Astori

Perchè chi ama il calcio, ama i suoi simboli: i calciatori.
E Davide Astori alimentava ogni giorno la sua passione, proprio come noi. E siamo sicuri che almeno una volta nella vita, anche lui ha collezionato un album.
La figurina di tutti i collezionisti

Lo sport raccontato dal divano, Zidane e Rodman a cena dal Professor Heidegger.