Ritrovarsi: Lachlan Morton e l’evento preparato per tutta la vita

Nella notte fra il 12 e il 13 luglio, mentre il gruppo si apprestava ad iniziare la settimana più importante del Tour, Lachlan Morton, con ai piedi delle logorate Birkenstock e sulla bici l’attrezzatura che lo ha accompagnato per più di 5000 chilometri, stava già varcando la linea dell’ultimo arrivo di tappa Champs-Élysées e da li a poco, nel pieno rispetto delle tradizioni francesi, avrebbe festeggiato bevendo champagne.

Il corridore ventinovenne australiano della EF Education First – Nippo, ha portato a termine il suo personalissimo Alt – Tour anticipando il gruppo di addirittura cinque giorni.

E pensare che Philip Hult, presidente di EF Education First – Nippo, alla partenza aveva manifestato i suoi dubbi sulla possibilità di riuscita,

«Quello che Morton sta tentando potrebbe non essere possibile». 

Philip Hult

«Sono sbalordito dal fatto che ci stia persino provando; che vinca o meno il Tour to Paris, in EF crediamo che il ciclismo e il coraggio di raggiungere l’impossibile possano aiutare a risolvere molti dei problemi del mondo. E qualunque sia il risultato, lavorare con World Bicycle Relief (organizzazione no-profit a cui, in occasione del Alt Tour, sono state donate da Rapha ed EF Education-Nippo circa 1000 biciclette per persone che hanno necessità di mobilità su due ruote per accedere a servizi essenziali o opportunità educative) significa che possiamo potenziare più persone attraverso il potere delle biciclette. Ed è una cosa incredibile di cui far parte».

Anche lo stesso Morton era apparso alquanto dubitante alla partenza, «Abbiamo pensato di farlo l’anno scorso durante il Giro, ma alla fine ho dovuto correre la gara…abbiamo continuato a lanciare l’idea e poi abbiamo pensato di farlo durante il Tour. È una celebrazione del Tour originale e dell’inizio. Ho capito che sarebbe stata un’impresa enorme. Non sono nemmeno sicuro che sia possibile».

L’Alt Tour

Il 26 giugno, un’ora dopo la partenza ufficiale dell’edizione 108 del Tour de France, è partito Lachlan Morton, con il solo obbiettivo di arrivar prima del gruppo a Parigi, arrivo previsto per il 18 luglio.

Per gli amanti dei numeri, Morton ha percorso, 5.510 km per un totale di 65.000 m di dislivello, in soli 18 giorni ( cinque in meno rispetto ai 23 pronosticati) , senza nessun supporto e con circa 20kg di bagaglio, contenente il minimo necessario. Nel conteggio totale del percorso rientrano i 2.400 km previsti per il collegamento tra una tappa e l’altra, chilometri che il gruppo ha percorso comodamente in bus o aereo.

Morton ha avuto piena libertà sulla sua tabella di marcia, decisa giorno per giorno; già prima della partenza aveva dichiarato «Preferisco non fare molte uscite notturne. È mentalmente faticoso e diventa un gioco mentale perché hai molto meno da guardare; tutto ciò che vedi è la macchia di luce sulla strada davanti a te. C’è un’abilità nel sapere quando spingere e quando fare marcia indietro, quando guidare e quando dormire. Potrei saltare i giorni di riposo per costruire un bel buffer di tempo prima che tutti salgano sull’aereo a Bordeaux per il trasferimento finale a Parigi. Se tutto va secondo i piani, potrei avere un buffer di sei ore!  (il Tour de France prevedeva un trasferimento aereo di 700km da Bordeaux a Parigi, prima dell’ultima trappa, distanza che Morton invece ha affrontato su strada). Ma sto andando davvero contro il percorso, non contro il gruppo. Il Tour dei giorni nostri non rispecchia quello che era il vecchio Tour, ma quello che stiamo facendo è un omaggio. Alla fine, stiamo festeggiando la gara».

L’impresa compiuta dall’australiano, come da lui stesso sottolineato, è molto vicina a quelle compiute dai ciclisti dei primissimi Tour; infatti, all’inizio del XX secolo, le tappe duravano centinaia di chilometri, i ciclisti passavano in bici quasi tutta la giornata e si fermavano nei bar per mangiare lungo la strada dove e quando potevano.

In un post sul blog di EF Education-Nippo Morton, sottolineando questo tentativo di riconnettersi con lo spirito originale del Tour, ha dichiarato «Penso solo che l’era del ciclismo sia stata davvero emozionante, a quel tempo…era uno sport completamente diverso rispetto a quello che è ora. La portata e la scala delle tappe erano davvero stimolanti…c’è una parte di me che pensa che onestamente sarei stato più adatto a quell’era del ciclismo. Non era proprio una professione per loro. Era una sfida e l’occasione di fare qualcosa di epico.Sono entusiasta di esplorare le origini del ciclismo e vedere di persona quanto sia diversa l’esperienza. È una sfida che unisce per molti versi i due elementi del ciclismo che ho perseguito di più, esplorazione e competizione».

Foto: Photo Gruber Images EF Education NIPPO

Un ciclismo alternativo

Luchan Morton non è nuovo a simili avventure, nel suo particolare palmares può vantare partecipazione a gare come il Dirty Kanza (corsa gravel in Arkansas), la Badlands (720 km off- road), il GBDuro (da Land’s End a John O’Groats), Leadville Race Series, la Three Peaks Cyclocross, inoltre ha girato il “centro” dell’Australia col fratello per oltre 2000km e ha stabilito il record mondiale dell’Everesting (successivamente annullato a causa di una discrepanza nella misura dell’elevazione).  

L’approccio di Morton al ciclismo è noto ai più, tanto che il Wall Street Journal ha scritto che il suo modo di intendere il ciclismo «sta da qualche parte all’intersezione tra il romanticismo, la nostalgia e la follia», e la rivista Bicycling lo ha inserito fra i ciclisti più influenti dell’epoca moderna.

Il ventinovenne australiano rappresenta sempre più un ciclismo “alternativo” che va oltre il solo scopo del risultato e il duro e ripetitivo lavoro per raggiungerlo. Tempo fa a Rouleur disse «Quello che cerchi di ottenere come ciclista professionista è una carriera per te stesso: fare soldi, vincere gare. Non c’è coinvolgimento nella più ampia comunità ciclistica. Personalmente ho sempre avuto difficoltà a trovare un senso a tutto ciò, oppure uno scopo».

La sua non è stata solo una scelta ma una necessità per sopravvivere in un mondo del ciclismo che lo stava logorando.

Viene scoperto a 16 anni da Jonathan Vaughters, ma nonostante le numerose aspettative sul suo conto, dovute anche ad una costituzione fisica perfetta per le montagne dei grandi giri, dopo sole due stagioni nel World Tour con il gruppo Garmin torna indietro, entrando nel roster di una continental americana, la Jelly Belly, e pensando addirittura al ritiro.

Lo stesso Jonathan Vaughters, a Velonews sul talento australiano disse: «Era esattamente il tipo di talento che volevo nella nostra squadra. Ama divertirsi, ha una mentalità eccentrica, è un tipo molto intelligente e molto attivo. In fin dei conti posso dire che Lachlan non ha mai amato correre a livello World Tour. E ‘ un mondo rigido, tosto, e tutto questo lo ha bruciato dentro. Il Giro di Romandia è una corsa dura dove piove spesso sulle Alpi svizzere e si deve lavorare sodo per il proprio leader. È difficile, non è divertente. Gare come il Tour of Utah e l’USA Pro Challenge sono gare divertenti, ma ci sono un sacco di corse che non lo sono: sono orribili, sono dure e determinano chi è uomo e chi è ancora un ragazzo. Quando si è reso conto che questo mondo non era divertente si è demoralizzato». 

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Morton riscopre il piacere della bicicletta lontano dalle gare del word tour; viene convinto dal fratello Angus, compagno alla Jelly Belly ed aspirante regista di cinema e documentari ad esplorare in bici, per più di 2000 km, il parco nazionale Uluru-Kata Tjuta con lo scopo di produrre un documentario.

Ai fratelli Morton l’esperienza piace a tal punto che qualche anno dopo realizzeranno un secondo documentario ma questa volta nell’ Est Europa. Da quel momento Lachlan non si ferma più, questa idea di ciclismo “avventuriero” lo riavvicina definitivamente al mondo del ciclismo e nei gli anni successivi disputa anche la Leadville Race Series, la Three Peaks Cyclocross, Dirty Kanza, la Badlands, il GBDuro, Leadville Race Series, la Three Peaks Cyclocross.

Nel 2017 ritorna nel World Tour, alla Dimension Data, e nel 2019 torna alla Garmin (ora Education First – Nippo) con Vaughters. Il rapporto questa volta è diverso Morton è più esperto e soprattutto Vaughters intuisce che il potenziale del ragazzo può esser esaltato al di fuori delle gare WT, assecondando lo spirito libero dell’avventuriero e la voglia di gareggiare contro sé stesso. In pieno accordo col team e allo sponsor tecnico viene scelto un programma su misura per Morton, alternativo a quello WT seguito dai suoi compagni di squadra.

EF Gone Racing: Badlands

Ad oggi Lachlan Morton, simbolo di un ciclismo “alternativo” a metà fra il professionista e l’avventuriero, porta avanti il marchio della sua squadra facendo quello che più gli aggrada. Alle sfide con i compagni del gruppo preferisce spingere sé stesso fino all’estremo, al condividere gare con una cerchia ristretta di élite di professionisti preferisce i cicloamatori che con lui condividono qualche chilometro di strada, alla routine gara – alberghi di lusso preferisce il godersi il paesaggio e le scomodità delle nottate in tenda nella natura.

Proprio in riferimento al Alt Tour, pochi giorni prima della partenza Morton si era così espresso: «In un modo strano, è l’evento che ho costruito e preparato per tutta la mia vita. Mi sento fortunato ad avere la squadra e il supporto che ho, perché possono vedere che c’è valore nell’interagire in un modo che va oltre il semplice ottenere risultati. Spero che facendo cose come questa possiamo creare un ponte verso un pubblico più ampio e fornire ispirazione».

Foto: Twitter EF Education NIPPO

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