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Scozia - Italia vista dal divano | Crampi Sportivi

Scozia – Italia vista dal divano

Per gli appassionati della palla ovale il ritorno del Sei Nazioni è un balsamo per quei freddi pomeriggi invernali di cui nessuno sentirebbe il bisogno, a parte l’industria del the che grazie al sottoscritto e ad altri numerosi adepti trova in questo periodo dell’anno floridi affari.

In ogni caso torna, in esclusiva per Crampi Sportivi, un’altra cosa di cui nessuno sentiva il bisogno, ovvero la rubrica del Sei Nazioni visto dal divano, immancabile compagno di numerose delusioni, amare sconfitte, colorite imprecazioni e sporadiche ma intense gioie rugbistiche.

L’Italia arriva a questo torneo (giunto alla veneranda età di 125 anni) in una situazione simile a quella del 2018 dove era emerso un gap tecnico e atletico troppo ampio per rivaleggiare contro le superpotenze del rugby europeo.

Il battesimo è a Murrayfield, in casa della Scozia, la stessa squadra che lo scorso anno è andata vicina al KO contro gli azzurri in una partita risolta dal piede di Laidlow a due minuti dalla fine.

All’Italia mancano Minozzi, Violi, Bellini e Polledri, tutti infortunati.

Coach O’Shea sceglie di schierare un ball carrier in più, con Campagnaro all’ala e Castello e Morisi da centri.

A livello concettuale non è una scelta sbagliata, specialmente perché l’Italia dimostra fin da subito problemi nella trasmissione dell’ovale e più in generale un piano partita molto elementare, privo di varianti nella distribuzione del gioco.

Tuttavia, privarsi di Campagnaro in mezzo al campo vuol dire sacrificare un gran numero di metri in avanzamento e con i problemi evidenziati nella trasmissione, il giocatore dei Wasps poteva togliere in più occasioni le castagne dal fuoco e sprigionare tutti i suoi cavalli, come ha fatto nell’ultimo quarto di partita quando è tornato a fare il centro.

Non è sbagliato volere un profilo diverso da un Bellini o un Benvenuti all’ala però Campagnaro rimane un giocatore troppo importante in mezzo al campo.

In ogni caso i ritmi imposti dalla Scozia nei primi 20’ non sono sostenibili, anche perché gli uomini di Townsend eseguono alla perfezione (al contrario dei nostri) e dopo il piazzato di Allan arrivano le due mete scozzesi, di pregevole fattura (il chip di Russel sulla prima meta è un’opera d’arte), segno di quanto la Scozia voglia cancellare un Sei Nazioni 2018 giocato per gran parte sottotono.

Nel frattempo, un’uscita precauzionale di Allan (concussion) ci permette di ammirare i Rugby Goggles di Ian McKinley, al quinto cap con la nazionale, che magari non saranno particolarmente belli da vedere ma permettono a un ragazzo praticamente cieco da un occhio di giocare a questi livelli (la storia di McKinley è notevole, c’è un documentario che ne parla).

La partita scorre serenamente per loro e molto meno serenamente per noi, dato che a 5’ dallo scadere del primo tempo ci ritroviamo con una gestione territoriale da brividi: solo il 2% del tempo è stato trascorso nei 22 scozzesi, neanche un minuto effettivo di gioco.

Di certo così non si vincono le partite.

L’Italia commette troppi errori di esecuzione, sente molto la pressione del debutto e spende tanto per arginare le folate scozzesi che solo verso la fine della prima frazione diminuiscono di intensità.

La pausa mi permette di tornare al mio rituale, mettere su l’acqua e versarmi il the poco prima dell’avvio del secondo tempo che procede sulla falsariga del primo.

Ritmo, esecuzione, intensità, la Scozia esce dagli spogliatoi mettendo sul prato di Murrayfield tutti questi elementi e per quanto la difesa azzurra mostri una certa attitudine al sacrificio nel giro di un quarto d’ora arrivano altre due mete, quelle che garantiscono ai padroni di casa il punto di bonus.

In mezzo ci sarebbe anche un break di Palazzani, magari non un fuoriclasse nella gestione del pallone ma un attaccante vero, capace di tenere in costante apprensione la linea avversaria.

A pochi metri dalla linea di meta manca l’offload per Parisse e l’occasione di riaprire la contesa sfuma.

Di lì in poi si naviga a velocità di crociera, con un fenomenale Hogg (lui e Russel dominanti per tutti gli 80’) che banchetta tra le maglie larghe e affaticate degli azzurri e regala ad Harris la marcatura che chiude definitivamente i conti.


Per un breve recap visivo

Ennesima debacle italiana? Non del tutto.

Bisogna ammettere che l’atteggiamento dei nostri è stato fin troppo remissivo fin dal primo minuto, l’aspetto mentale andrà curato in settimana, così come la totale assenza di soluzioni nel gioco alla mano e la connection tra 9 e 10 piuttosto debole tra Palazzani e Allan.

Tuttavia, il pack azzurro ha lavorato bene intorno al breakdown.

Specialmente in difesa (quando abbiamo la palla noi, fatichiamo ancora troppo a dare ritmo), non abbiamo perso nessuna touche e questo è un salto di qualità importante rispetto a un anno fa, così come è da sottolineare la disciplina dei nostri, puniti dall’arbitro in appena 4 circostanze contro le 11 punizioni fischiate agli scozzesi.

Infine, il punteggio non è così affliggente, perché nell’ultimo quarto di gara, quando la Scozia alza il piede dall’acceleratore, si intravedono sprazzi di una trama offensiva degna dei migliori periodi della gestione O’Shea.

Gli ingressi di Padovani e Ruzza (da tenere d’occhio la crescita di questo ragazzo, una seconda linea a cui non eravamo abituati nel nostro rugby) alimentano la voglia di incidere dell’Italia che trova ben tre marcature nel finale, sfiorando il punto di bonus e mettendo delle basi su cui lavorare per l’appuntamento con il Galles.

Proprio la gestione del secondo tempo è la nota più lieta del pomeriggio;

senza dubbio la minor pressione esercitata dalla Scozia ha permesso all’Italia di giocare più liberamente, ma rispetto agli horror movie che erano i secondi tempi della nazionale fino a qualche tempo fa, va registrata una tenuta fisica e mentale decisamente migliore.

Il responso dopo la prima partita dei nostri al Sei Nazioni 2019 non può che essere negativo.

L’Italia non è mai stata realmente in partita, ma volendo guardare il bicchiere mezzo pieno (con tanta fantasia e tanto ottimismo) sono emerse delle cose positive di cui i ragazzi di coach O’Shea dovranno fare tesoro in vista del proseguo del torneo, per provare a portare a casa una vittoria che manca dal lontano 2015.

Sarà difficile, ma lo sport non è mai stata una faccenda facile, il rugby men che meno. Appuntamento tra una settimana, dal divano, con il the, con il Sei Nazioni, per onorare certi pomeriggi di cui forse, qualcuno, in fondo in fondo, sentiva il bisogno.

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