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Herminio Masantonio, contra marea y viento | Crampi Sportivi

Herminio Masantonio, contra marea y viento

Storia di uno dei migliori marcatori argentini di sempre

Y grita la barra De Parque Patricios, Tirá Masantonio, Herminio, tirá. Y si tira Masantonio, No hay que hacerle Ya está el… ¡Gol…!


Il Tucho Mendez era da poco arrivato in prima squadra e prometteva molto bene, ma quel giorno non riusciva proprio a concludere giocate positive. Era nervoso, impacciato. Masantonio lo nota e gli si avvicina. “Che ti succede, pibe?” gli chiede. “Questi due mi stanno provocando” risponde quello, riferendosi ai difensori avversari. “Non ti preoccupare, me ne occupo io”, lo rassicura il più esperto attaccante. Passa qualche minuto e i due si parlano di nuovo. “Ragazzo, stai tranquillo che li ho regolati io” “E come hai risolto, Masa?”

“Gli ho detto che gli avevo fatto già due gol e che gli avrei rotto il culo se non avessero giocato lealmente. Credo che mi hanno capito. Forza, Tucho, che ci sai fare col pallone. Gioca spensierato, che ci sono io”.

Questo breve dialogo è solo l’inizio di un’intesa che porterà Herminio Masantonio e Norberto Tucho Mendez a formare, insieme a Emilio Baldonedo, uno dei tridenti più forti dell’Argentina dei primi anni ’40: quello dell’Huracán. Una squadra che non vinse nulla in quelli anni, ma con una storia così prestigiosa che anche Valentino Mazzola, uno dei giocatori più prestigiosi dell’epoca, avrebbe voluto giocarci nel finale di carriera.

I gloriosissimi anni ’20 erano ormai lontani per i Quemeros, l’avvento del professionismo aveva favorito l’imposizione di River e Boca, e per una società di un quartiere di periferia come l’Huracán, che disponeva solo di 2000 soci (ottava società su 18 della Primera Division), combattere con queste superpotenze non era facile. Ma se c’era un uomo, prima ancora che un calciatore, disposto a mantenere alto col suo carisma e la sua forza l’onore dei biancorossi, quello era proprio Masantonio, el Mortero, uno dei più grandi centravanti della storia dell’Argentina.

Il Tenente osservatore

Nato nel 1910 da Rafael e Sabina, immigrati italiani arrivati in Sudamerica nel 1880, cresce a Ensenada, nella provincia della capitale argentina, dove poi avrebbe spiccato il volo da calciatore.

Nel frattempo, durante l’età adolescenziale Masantonio si mantiene tra un lavoretto e l’altro: prima lavora da garzone a Swift, un’azienda di distribuzione di carni nata pochi anni prima, oggi tra i colossi sudamericani del settore, poi segue il padre cominciando a lavorare al suo fianco da muratore. Nel frattempo, nel 1926 comincia a giocare nel Villa Alberino Sportivo, la squadra del suo quartiere militante in quarta divisione, per poi passare nel 1929 al Platense, nella stessa categoria. In quegli anni lo cercano prima l’Estudiantes, poi il Gimnasia de Plata, ma in entrambi i casi non se ne fa nulla. L’incontro che segna uno spartiacque nella vita di Masa è quello con il Tenente Tomás Adolfo Ducó durante la leva militare.

Ducó è un grande appassionato di sport: centrocampista di basso livello nei suoi anni di gioventù, sarà in seguito presidente della Lega di Basket argentina e vicepresidente della AFA. Non solo: all’inizio degli anni ’30, il Tenente è socio dell’Huracán, uno dei più rilevanti se si considera che sette anni dopo ne diverrà presidente, per poi contribuire nel decennio successivo, grazie soprattutto al finanziamento dell’esercito, a costruirne lo Stadio, intitolato più tardi alla sua memoria.

Il Tenente si accorge del talento di Herminio e decide di portarlo a indossare la maglia del club del barrio Parque Patricios, mandando un soldato a trattare il suo acquisto. Nell’idea di Ducó, il nuovo arrivato avrebbe dovuto sostituire Guillermo Stábile, eroe degli ultimi due campionati dell’era dilettantistica e grande protagonista dei Mondiali uruguagi con la maglia dell’Albiceleste, che si era trasferito al Genoa, in Serie A.

L’idea che un attaccante 21enne proveniente dalla quarta serie potesse sostituire il capocannoniere del Mondiale dell’anno precedente non sembrava una scelta molto razionale, ma i fondi a disposizione del Globo non erano sufficienti a garantire una scelta migliore.

Arriva così all’Huracán questo giovane attaccante senza esperienze rilevanti pregresse, ma con una gran voglia di stupire tutti.

Avventure di un goleador perdente

L’inizio di Masantonio è folgorante. A conti fatti, non solo sostituisce Stábile, ma fa molto di meglio, andando oltre il doppio dei gol siglati dal Filtrador al Club Atlético.

Nella sua prima partita in maglia biancorossa realizza una tripletta contro il Quilmes, mettendo subito a tacere tutti gli scettici. Quello che avvenne dopo è storia consegnata agli annali. Dal punto di vista tecnico non è un giocatore molto raffinato, ma piuttosto un vero e proprio animale da area di rigore, fortissimo di testa e impareggiabile nei contrasti corpo a corpo. Tutti coloro i quali analizzano lo stile di gioco di Masa fanno riferimento ad una certa potenza violenta (il tratto caratteristico che ha portato i suoi contemporanei ad assegnarli l’apodo el Mortero), soprattutto nelle conclusioni a rete, e alla fama di caudillo, leader a 360°.

Fondamentali per la sua formazione furono sia l’esperienza da muratore, che lo aiutò a formare una muscolatura solida, che quella in giovane età da pugile, l’altro sport praticato da ragazzo. Prima di tutto è stato un calciatore estremamente carismatico, capace di trascinare la squadra lungo tutto l’arco della partita, soprattutto nei momenti difficili. “Non era molto dotato tecnicamente, ma era molto forte”, disse Baldonedo, forse il suo compagno di squadra più importante.

“Di quelli che ti fanno vincere le partite o recuperare una situazione di svantaggio. Uno di quelli che motivava tutta la squadra”.

Masantonio prediligeva ricevere palla sulle fasce, la sinistra in particolare, e tagliare dentro in campo col pallone, andando a concludere di pura potenza. La sua firma sulla storia dell’Huracán e del calcio argentino è ancora ben evidente: i 256 (secondo altre fonti 254 o 259) gol messi a segno in 358 partite gli valgono ancora oggi la terza posizione tra i migliori marcatori di sempre del campionato argentino, alle spalle di Arsenio Erico e Angel Labruna, che furono parzialmente suoi contemporanei.

Quello che fa veramente impressione è la sua continuità: per 12 stagioni consecutive raggiunse la doppia cifra, e solo in una di queste andò sotto quota 15 gol. Di queste dodici, 6 furono le stagioni in cui scavallò quota 20 gol; le migliori furono 1937, 1939 e 1940: 28 gol in ognuna di queste tre.

Ma non solo: partecipò a due edizioni della Copa America con la Selección (1935 e 1942) ed in entrambe fu capocannoniere, rispettivamente con 4 e 7 reti (quest’ultima alla pari col connazionale Moreno).

Tale fu la sua sfortuna che l’Argentina vinse tutte le edizioni dal 1927 al 1947 (dieci in totale) ad eccezione delle due a cui lui prese parte, nelle quali si classificò entrambe le volte seconda.

Masantonio fu così un eterno secondo nella sua carriera: non vinse mai nessun trofeo, né col club né in nazionale, ad eccezione di una Copa Lipton nel 1937, nulla più di un amichevole tra Argentina e Uruguay, vinta 5-1 dai primi. Il Mortero trovò comunque il modo di lasciare la propria firma sulla storia proprio in quella partita: il suo gol dopo 23 secondi rappresenta ancora oggi il più veloce della storia della selezione sudamericana. Ancora oggi è il giocatore con la miglior media gol della storia della nazionale argentina, con 1,10 gol a partita.

Masantonio si trova al centro della foto: ai suoi lati Pedernera e il Charro Moreno. Questi tre siglarono 10 dei 12 gol con cui l’Argentina surclassò l’Ecuador (Copa del 1942).

Masantonio símbolo del barrio

Masantonio diventò un vero e proprio simbolo della sua squadra, di cui vestì la maglia per 13 stagioni (tutte quelle della sua carriera, ad eccezione di due anni al tramonto del suo percorso, uno con gli uruguagi del Defensor Sporting e l’altro col Banfield).

Rappresentò un simbolo di attaccamento alla maglia con pochi pari: già all’epoca era definito una bandiera, già era apprezzato per aver scelto di rimanere sempre nella stessa squadra, club di secondo piano, rifiutando offerte ben più prestigiose, a dimostrazione del fatto che quella del calcio romantico era un po’ una chimera già ottant’anni fa.

Per quella gente il guapo rappresentava un vero e proprio simbolo, e lui ne era consapevole: era un abituale del frequentatore del Café Benigno, che era il bar della squadra, dove festeggiare vittorie e grandi traguardi, ma anche uno spazio culturale dove gli artisti della zona potevano presentare le loro produzioni.

Il Mortero, fumatore incallito, strinse amicizia con Celedonio Flores, poeta e paroliere ma anche lui pugile, e con Homero Manzi, che fu autore di più di 60 canzoni per il tango, tra cui la celebre Sur.

Anche a Masantonio fu dedicato un tango, adottato poi dagli hinchas biancorossi come loro coro da stadio: El Mortero del Globito, scritto da Francisco Garcìa Jiménez e composto da Miguel Padula.

Un francobollo degli anni ’30, che descrive Masantonio come un vero e proprio cannoniere.

Epilogo di Masantonio

Masantonio si ritirò all’età di 35 anni al termine di una grande carriera, ingiustamente dimenticata con lo scorrere del tempo.

Negli anni successivi formò una propria squadra locale a cui diede il nome che noi ora italianizzeremo ed è “Contro marea e vento”, una sorta di “in direzione ostinata e contraria” ante litteram, un po’ come tutta la sua carriera.

Fu un uomo, ancor prima che un calciatore, rispettato da tutti, anche da chi lo odiò. Per spiegare questo basta un aneddoto.

Morì a 46 anni a causa di un cancro. Una sera, quando le sue condizioni di salute iniziarono a diventare critiche, ricevette una visita particolare in ospedale: Lorenzo Fernández, difensore uruguagio di quegli anni. Fernández e Masantonio si erano incontrati nella finale di Copa del 1935, quando, dopo una lunga serie di provocazioni ai danni di Masa ed una prima risposta di questo, scoppiò una rissa epocale, che fu ricordata per tanti anni. Nel momento in cui i due si rincontrano, piansero e si abbracciarono, per poi sorridere ripensando a quel ricordo. Salutandosi, i due promisero di rivedersi in un altro momento, ma ciò non avvenne poiché le condizioni di salute dell’argentino precipitarono.

Oggi ci sono diversi omaggi alla memoria di questo grande attaccante.

Ci sono due calle rinominate in suo nome: una a Parque Patricios (la prima dedicata ad un attaccante a Buenos Aires) ed una a Villa Albino, il barrio di Ensenada che l’ha visto crescere. Un altro omaggio si trova nei pressi della sede dell’Huracán: un monumento dedicato alla sua memoria, inaugurata nel marzo 1996, la prima in onore di un calciatore, progettato dall’ingegnere Manuel Vila e costruita da Ricardo Micó.


« Las vueltas de la vida y de repente, los guantes los archiva, se retoba; los cambia por botines refulgentes y en la Quema, festejan sus goles por arroba y él disfruta junto a Tucho de asistente, su terca vocación de centrofóbal ».


Articolo a cura di Gianluca Losito

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