Partiamo dalla fine dello US Open (a cura di Mattia Musio)
Sembra il finale tratto da un racconto di supereroi. Il buono, stremato e finalmente vincente sconfigge il cattivo, che aveva seminato il terrore in città.
Daniil Medvedev è davvero sembrato il villain perfetto per queste due settimane: tennis inscalfibile, corpo snodato e viso scavato. Sorriso maligno e serbatoio energetico proporzionalmente ricaricabile grazie alla quantità di fischi e “buu” piovuti dagli spalti.
Un villain talmente perfetto da guadagnare progressivamente anche le simpatie di molti (anche Joker in fondo ha i suoi simpatizzanti) fino al climax del quinto set, in cui gli lo Slam statunitense ha regalato l’ennesimo happy ending.
Ieri notte però, per la prima volta, si ha avuto davvero la sensazione che ci fosse un nuovo cattivo in città. E non basterà averlo fermato a New York, Daniil e la sua banda (di cui siamo sicuri farà parte anche Matteo) sono pronti a prendersi il circuito maschile.
La finale maschile (a cura di Giacomo Manini)
Nessun tennista maschile nato negli anni ’90 o negli anni ’00 ha mai vinto uno Slam. Daniil Medvedev sarebbe stato il primo. Gli ultimi 12 Slam sono stati conquistati dai Big 3, ma mai come questa volta c’è stata la sensazione che il futuro è ora e Medvedev ne sarà un protagonista a lungo.
Il russo ha saputo tramutare i fischi (da lui cercati) in applausi scroscianti e l’esultanza finale di Nadal così pregna di emozione è lì per dimostrarci quanto ha dovuto soffrire.
Nessuno ha mai vinto uno Slam sul cemento rimontando da due set a zero in finale.
Rafa nelle finali Slam dopo aver vinto il 1° set: 7 volte ha vinto in 3 set, 6 in 4 set e 2 in 5 set. Una sola volta ha poi perso, nel 2012 agli Australian Open contro Djokovic in 5 ore e 53 minuti agonici. In più lo spagnolo ha perso soltanto due volte in carriera da un vantaggio di 2 set a 0. La prima volta nel 2005 e l’altra contro Fognini proprio agli Us Open in un 3° turno cult.
Era la 1ª volta assoluta che Medvedev giocava un 5º set in carriera, eppure è andato ad un passo dall’impresa. Il superbo rovescio di Daniil contro Rafa è stato meno incisivo perché andava a sbattere contro il dritto, la differenza d’esperienza ha giocato un ruolo importante specialmente all’inizio dove il russo non è riuscito ad entrare in partita e il servizio, grande alleato di Medvedev, ha incontrato uno dei migliori di sempre in risposta; percentuale di risposte in campo contro la sua prima di servizio:
R1 36%
R2 33%
R3 45%
R4 41%
QF 41%
SF 32%
F 13% (primi 3 set)
Daniil Medvedev è una macchina da tennis moderno: devastante al servizio (2ª palla incredibile), solidissimo da fondo, divide a metà il campo, buon gioco a rete e con discreta mano. L‘ATP World Tour ha un nuovo sceriffo, è alto 198 centimetri, è nato a Mosca e ha tutta l’aria del “cattivo” pronto a sbarazzarsi dei tre beniamini del pubblico…sia chiaro, sul cemento, la superficie in cui si trova di più a suo agio.
La finale femminile (a cura di Giacomo Manini)
Allo scoccare della mezzanotte il sogno è diventato realtà, Bianca Andreescu trasforma il match point e scrive la storia del tennis. La canadese classe 2000 compie l’impresa: batte a casa sua Serena Williams alla caccia dell’agognato 24esimo Slam, quarta finale slam consecutiva persa dalla statunitense.
Andreescu ha iniziato la stagione da numero 152 del ranking, ora è numero 5 ed ha in bacheca 5 titoli WTA. Arrivata negli USA dopo i forfait di Wimbledon e Cincinnati, ma soprattutto dopo i trionfi ad Indian Wells e nella casalinga Rogers Cup, dove in finale ha trovato ancora Serena (ritirata sul 3-1 del 1° set).
Un’estate magica di una giocatrice che ha tutto per imporsi nel panorama mondiale, le caratteristiche che spiccano sono la determinazione e l’abilità nel migliorarsi col duro lavoro. Chiaramente ha tanto talento, non è l’unica però ad averlo a 19, è invece speciale la forza d’animo con cui non si è abbattuta dopo il match point annullato sul 5-1, ha accettato il colpo di coda della campionessa e ha sfruttato subito il secondo match point sul 6-5.
Le prime 3 della classifica (Osaka, Barty e Pliskova) sono state eliminate al quarto turno, Serena dice 38 e sembra vittima di un sortilegio che le impedisce di conquistare il record di 24 slam in singolare, lo spazio per inserirsi c’è e siamo sicuri che Bianca Andreescu non si farà sfuggire le occasioni che le si pareranno davanti. Born ready!
Il tennis mentale di Rafa (a cura di Mattia Musio)
Non riusciremo mai a capire cosa alberga nella scatola cranica di Rafa Nadal. Di certo non un cervello, o qualunque altra cosa di umane sembianze. Forse un super computer, al massimo un mini mental coach di pochi centimetri che sprona il maiorchino ad ogni 15 di ogni match, di ogni torneo.
La forza mentale di Rafa non è umana, e anche durante le quasi cinque ore di finale contro Medvedev ne abbiamo avuto la conferma. La rimonta culminata nel quinto set dal russo avrebbe messo in ginocchio la volontà di qualunque tennista con un cervello pensante. Rafa invece ha semplicemente continuato a lottare, anche quando il tennis di Medvedev sembrava aver trovato la chiave di volta per raggiungere il trofeo.
Continuare a lottare quindi, per raggiungere il diciannovesimo Slam. Fino a quando poi il diciannovesimo non diventerà “numero tondo”, lo stesso che ha raggiunto Federer durante questa interminabile rivalità per guadagnarsi la carica di più vincente di sempre. Noi comuni mortali ci godiamo un dualismo sportivo tra i più longevi ed affascinanti della storia, per l’ennesimo capitolo appuntamento in Australia.
Berrettini è pronto (a cura di Mattia Musio)
Mentre Nadal e Berrettini stanno ultimando il riscaldamento nel box ESPN è il momento dei pronostici. In cabina c’è anche John McEnroe, che sottolinea tre aspetti da non sottovalutare: Matteo ha avuto un quarto duro e lunghissimo contro Monfils, è la prima volta che gioca una semifinale Slam e non è forte come Nadal.
Il risultato finale da ragione a Mac, Matteo paga “la gioventù” e un po’ di stanchezza: la partita vera è durata un’ora e quindici minuti, vale a dire la durata del primo set. Un parziale in cui l’italiano ha saputo scrollarsi di dosso la paralisi wimbledoniana, arrampicandosi fino a quei due set point che avrebbero realmente potuto cambiare la storia del match.
La fortuna citata da Nadal a fine partita è tutta in quel tie-break che il maiorchino ha afferrato approfittando dell’inesperienza di Matteo, che aveva consumato metà serbatoio in quell’ora di gioco. Quell’attacco a rete sul nastro ci restituisce un Berrettini ancora incompleto, ma finalmente aggressivo e pronto a dare al tennis italiano il top ten che si merita.
Sì, un top ten che unisca al repertorio anche la continuità del professionista e la determinazione di chi vede in partite del genere un punto di partenza e non di arrivo. Perché lo US Open di Berrettini non ha ne le sembianze da miracolo sportivo stile Roland Garros di Cecchinato, ne il sapore di traguardo stile Master 1000 di Montecarlo vinto da Fognini.
Nono nella race 2019: le Finals sono, adesso, a una sola posizione di distanza.
Il torneo degli umani (a cura di Giacomo Manini)
Queste due settimane statunitensi hanno consegnato a Dimitrov la terza semifinale Slam in carriera (dopo Wimbledon 2014 e Aus Open 2017). Il bulgaro fa fuori Roger Federer ai quarti in cinque set ed è autore del punto del torneo, nell’ottavo contro Alex De Minaur. Tra lob, top spin sulle righe, slice taglienti e colpi al volo la spunta Dimitrov con una prodezza assoluta da vedere e rivedere.
Altri due protagonisti del singolare maschile sono stati Dieguito Schwartzman (a cui non si può non voler bene) e Gael Monfils; dallo stile diametralmente opposto, i due hanno giocato alla grande tutte le partite e si sono imposti grazie a una garra non comune a molti.
Invece a fallire enormemente l’appuntamento sono stati ben quattro top 10 (Bautista Agut, Tsitsipas, Thiem e Khachanov), a cui va aggiunto Fognini 11°, eliminati al primo turno senza colpo ferire.
Oltre al fantastico torneo di Berrettini, i colori azzurri sono stati ben rappresentati da due tennisti agli antipodi: Lorenzi, 1981 e Sinner, 2001, il primo ha raggiunto un incredibile 3° turno lottando come un leone, il secondo invece si è qualificato al 1° turno dove ha sgrassato un set al tre volte vincitore slam Stan Wawrinka.

Lo sport raccontato dal divano, Zidane e Rodman a cena dal Professor Heidegger.