Oggi a Teheran è una giornata sportiva speciale. No, non solo perché la nazionale scende in campo contro la Cambogia per un match di qualificazione ai Mondiali. È speciale per chi sarà sugli spalti. Sì, perché a seguire la partita di Beiranvand (il portiere pastore che ai Mondiali parò un rigore a CR7) ci saranno le donne tifose, per la prima volta non costrette a occultare la propria identità per godersi una partita.
L’Iran, fino al 19 settembre scorso, era l’ultimo paese al mondo in cui alle donne era proibito assistere ad una partita di calcio. Le origini di questa situazione sono datate 1979, anno in cui si consumò la rivoluzione islamica. Quarant’anni dopo, complici alcune dichiarazioni da parte del presidente FIFA Gianni Infantino, il ministero dello sport di Teheran ha riaperto la questione e dato l’ok per l’ingresso delle tifose, ma solo per le partite della nazionale. Il calcio, tra l’altro, assume un ruolo emblematico: nelle altre manifestazioni sportive, seppure con ingressi separati ed altri assetti logistici, alle donne è consentito l’ingresso.
“Guarda che alle ragazze piace andare allo stadio – ci racconta A, che da dieci anni ha lasciato l’Iran per studiare e lavorare in Italia – proprio come tutti gli altri. Il fatto che alcune persone fingono di essere un uomo pur di entrare negli stadi spesso è venuto alla luce. Nascondersi per una partita: questi sono episodi che ti fanno arrabbiare”.
Il provvedimento di Masoud Soltanifar, tra l’altro, è arrivato a un mese dalla morte di Sahar Khodayari, la ‘ragazza in blu’ tifosa dell’Esteghlal (allenato da Andrea Stramaccioni) e morta in seguito alle ustioni riportate dopo essersi data fuoco per protesta proprio in merito a questa assurda situazione. “Questo gesto è un po’ una spia di quel che accade – ci racconta A – Sì, è legato allo sport, ma è qualcosa che va oltre: è un segnale dello stato attuale dei diritti delle donne in alcuni paesi asiatici”.

Un provvedimento, dunque, che sembra solo acqua su un fuoco ben più forte e alimentato solo in parte dallo sport: “Questo provvedimento può essere un passo importante. In Iran – continua A – purtroppo questo tipo di proteste avviene spesso: se non si dimentica, allora si può andare avanti. Di primi passi ce ne sono stati tanti, e sono tante gocce che possono creare un mare. In futuro qualcosa può succedere: non dico manifestazioni, che comunque ci sono spesso, ma magari una rivoluzione”.
Di rivoluzione, intanto, oggi ce ne sarà una, sugli spalti dell’Azadi di Teheran: e sarà quella che prenderà forma sul sorriso di tutte le tifose che finalmente potranno tifare senza aver paura, se non di una brutta prestazione di Ansarifard e soci.


Giornalista professionista. Curioso e mancino. Scrivo e scatto, senza pose che è più divertente. Con un buon caffè e una bella storia hai tutta la mia attenzione.