Il sole è alto, le finestre semi aperte e la maggior parte dei fan italiani di wrestling o sta dormendo o sta combattendo con lo sbadiglio rampante. Questo accade perché ieri notte è terminata la seconda nottata di Wrestlemania 36, “too big for one night”. Non uno slogan, ma un teaser: per la prima volta nella storia, la WWE ha splittato il suo evento di punta (e secondo evento sportivo più visto d’America dopo il Superbowl) in due nottate da tre ore circa. Niente arene stracolme: le battaglie, le lacrime e le gioie si sono consumate al WWE Performance Center di Orlando, ossia l’hub dove nascono e vengono accuditi i John Cena e Seth Rollins che verranno, sotto la direzione di Triple H e wrestler che si sono rivelati essere trainers di livello globale, come Matt “A-Train” Bloom e Norman Smiley. Un’edizione diversa dalle altre? Assolutamente sì, e non è una frase fatta. Con un run-in molto speciale di Daniele Minuti, come si addice ai big four della WWE, abbiamo provato a riassumerla per voti.
Please fasten your seat belts and remember: anything can happen!
Voto 1 : GOLDBERG
(Daniele Minuti)
Inutile girarci attorno: a 53 anni Goldberg non ha più nessun motivo per essere un lottatore attivo, figuriamoci un campione mondiale. Il fatto che abbia lasciato il titolo a Braun Strowman nonostante l’assenza di Roman Reigns è la prova che quella cintura gli sia stata solamente per essere tenuta in caldo. La sconfitta più netta della sua carriera (2 minuti e 10 secondi) suona come un saluto a un uomo che è stato un simbolo di un’epoca ma che sicuramente non ha più un suo posto nel panorama attuale del wrestling.
Voto 2 : KING CORBIN vs ELIAS
(Marco A. Munno)
C’è sempre quella parte del party di Wrestlemania in cui vengono invitati anche i ragazzi non proprio di spicco, perchè insomma, sempre di una festa del wrestling made in WWE si tratta. Non poteva quindi di certo mancare il King of the town, Baron Corbin, nonostante i vari passaggi senza acuti con la corona sul capo. Ha senso anche che il match con Elias non sia parte del preshow, ma della card principale. Se però a loro è destinato un posto che, ad esempio, è stato negato a Cesaro e Nakamura, ci si aspetta qualcosina che lo giustifichi, dal punto di vista dell’intrattenimento invece che da quello tecnico, viste le capacità dei due sul ring. E invece: una lunga serie di scambi senza sussulti, che sembra infinita a causa del suo piattume, in un match durato più di Becky vs Shayna e due minuti in più di Bryan vs Zayn. In cui a vincere, è solo la noia. Il promo prima del match di Corbin avrebbe dovuto far intuire a cosa si sarebbe andato incontro…
Voto 3 : DOLPH ZIGGLER
(Marco A. Munno)
Nel corso degli ultimi 10 anni, nei primissimi posti della lista dei talenti sprecati dalla federazione di Stamford c’è sempre stato Dolph Ziggler. Per spiegare la mancata esplosione di Nick Nemeth c’è sempre stato il dubbio: assenza di lungimiranza della WWE o brutti atteggiamenti di Dolph? Fatto sta che il tempo è passato, e delle ottime premesse sono rimasti solo una serie di buone prestazioni, potenzialità non capitalizzate e un pò di usato sicuro da spendere sul ring. Con questa premessa, rimane quindi l’amaro in bocca nel constatare che il primo match singolo a Wrestlemania di Ziggler sia arrivato solo in questa edizione: amaro che aumenta nel momento in cui il suo unico highlight è l’ingresso sul ring, prima di fare da vittima sacrificale per la scontata reunion amorosa fra Otis e Mandy Rose.
Voto 4 : L’EDITING
(Marco A. Munno)
Occhi puntati addosso, un lavoro serrato di editing: la produzione WWE è abituata a questo. Proprio per questo motivo, considerando la natura completamente nuova dell’evento, qualche scelta in fase di editing del prodotto poteva essere fatta meglio. Più camere in determinati punti, o tagli con respiro più ampio su alcune entrate e alcune mosse d’impatto. Non ultimo a mancare è stata un pizzico di interazione in più con la cosiddetta quarta parete: l’arena ad Orlando era vuota, ma di occhi puntati a tablet, televisori e smartphone era pieno. L’editing non viene salvato nemmeno da quelle situazioni extra-ring come il Boneyard, peccato.
Voto 5 : EDGE vs RANDY ORTON
(Matteo M. Munno)
Nove anni per attendere il ritorno sul ring di Adam “Edge” Copeland. L’avversario scelto per il suo primo match singolo è Randy “The Viper” Orton, uno contro il quale è facile farsi benvolere. La stipulazione, un Last Man Standing Match ha lasciato spazio alla psicologia. Il match è sembrato quello che accade nei videogame WWE: prendi due wrestler, li metti in un match no dq e cominci a passeggiare per tutta l’arena, backstage compreso. Perché 5? Ci è sembrato il compromesso giusto tra l’inizio lento e poco coinvolgente del match e la performance complessiva di Edge. Ad alzare un po’ la valutazione, infatti, è l’effort sul finale del match da parte di entrambi, Edge in primis. L’espressività del canadese ha portato tutti gli spettatori per mano: tanto per dimostrare che la ring psychology è un elemento fondamentale per il wrestling. Un altro episodio che fa sorridere è lo spot che vede sempre Edge arrampicarsi come una sorta di Peter Parker tatuato e barbuto su una rete posta poco sopra un tavolone da riunione e poi lasciarsi cadere in elbow drop su Randy Orton. Spidey Edge!
Voto 6 : I PERCORSI IMPROBABILI DI BRAUN STROWMAN, JOHN MORRISON E SAMI ZAYN
(Marco A. Munno)
E’ incredibile a volte come, in una disciplina predeterminata, le strade per il successo risultino frutto di tante casualità e storture rispetto al modo in cui sarebbero dovute andare in un mondo perfetto. In uno show in cui l’apice dello splendore è rappresentato dai celeberrimi Wrestlemania Moments, in questa edizione ne sono arrivati ben tre per ragazzi dal percorso non convenzionale.
Braun Strowman dopo aver perso il titolo Intercontinentale ad Elimination Chamber non aveva un match per ‘Mania: ha sostituito Reigns per poi diventare campione assoluto per la prima volta.
Sami Zayn, dopo l’ascesa grazie alle sue qualità sul ring, si è tenuto il primo titolo conquistato nel main roster senza praticamente lottare, contro uno dei migliori lottatori puri di sempre.
John Morrison, dopo aver strabiliato con le sue acrobazie ed esser stato allontanato senza aver sviluppato le lacune legate allo storytelling, dopo il ritorno di pochissimo tempo fa ha riproposto il suo marchio di fabbrica sul Grandest Stage of Them All a 40 anni suonati.
Strana la vita, eh?
Voto 7 : BONEYARD MATCH
(Matteo M. Munno)
Più che match, è un corto d’azione prodotto dalla WWE Films. Da un lato Allen “AJ Styles” Jones e dall’altro Mark “The Undertaker” Calaway. La faida tra i due si è sviluppata mostrando i vari lati di ‘Taker e di AJ: l’uomo di famiglia, il becchino e il biker da un lato, il wrestler consapevole di essere ormai nell’Olimpo e desideroso di mettersi alla prova in altri contesti, citando anche episodi privati dell’avversario. Proprio quest’ultimo aspetto fa alzare la valutazione del match: oltre al desiderio esaudito di tanti fan (chi scrive compreso) era la gimmick migliore per la stipulazione per coprire le lacune atletiche dell’ormai attempato Undertaker senza affossare (almeno sul ring) un performer superbo come AJ Styles. AJ, che ha abituato il mondo al suo moveset air-friendly, si è mosso abbastanza bene all’interno di un contesto dove in alcuni passaggi era effettivamente forzato. Buona l’integrazione di Karl Anderson e Luke Gallows, che hanno svolto bene il ruolo di sidekicks di Styles, in alcuni momenti davvero odioso. Sorrisino e lacrimuccia sulla chiusura di Undertaker che si allontana con la sua moto, nella speranza che non sia davvero The Last Ride.
Voto 8 : RHEA RIPLEY, KEVIN OWENS, DREW MCINTYRE
(Daniele Minuti)
Chiunque sia mai entrato in un ring ha il sogno di vivere il suo Wrestlemania Moment e se di sicuro questa edizione sarà ricordata per altri motivi, Rhea Ripley, Kevin Owens e Drew McIntyre non la scorderanno mai. L’ex campionessa di NXT ha dimostrato di poter dividere il ring con Charlotte che rimane al top dell’intera divisione femminile, KO ci ha regalato un momento indimenticabile atterrando su Rollins dal logo dello show e lo scozzese ha finalmente catturato il titolo che in molti vedevano nel suo destino anni fa. Una serata che potrebbe cambiare le loro carriere, con o senza pubblico.
Voto 9 : FIREFLY FUNHOUSE MATCH
(Daniele Minuti)
Tutti sapevamo che in questa Wrestlemania la WWE sarebbe stata quasi costretta a sperimentare, ma nessuno si aspettava ciò che abbiamo visto nel “match” fra John Cena e Bray Wyatt: lo stile cinematico provato solo 24 ore prima in Undertaker-AJ Styles si è mischiato con la creatività dell’ex campione Universale creando un incubo lucido mai visto prima. Nei 16 minuti di filmato i due wrestler ripercorrono decenni di storia della disciplina e la carriera di Cena che dopo la sconfitta viene letteralmente smaterializzato. Inevitabilmente questo incontro sarà divisivo nei suoi giudizi ma si tratta senza dubbio di uno dei tentativi più ambiziosi di storytelling visti nella storia della federazione di Stamford.
Voto 10 : TUTTI I PARTECIPANTI
(Marco A. Munno)
Lo ha riassunto la dichiarazione d’intenti di Stephanie McMahon, in apertura di entrambi gli show, e non c’è stata verità più grande nel giudicare complessivamente l’edizione di Wrestlemania di quest’anno e la scelta di mandarla in onda, nonostante le limitazioni. L’evento può essere piaciuto o meno, ma in uno dei momenti peggiori della storia dell’umanitá con il suo evento principale la WWE ha raggiunto pienamente lo scopo per la quale esiste: intrattenere la platea, in questo periodo cosí provata, grazie al gran contributo di tutti i partecipanti. Sudore, adrenalina, sangue, delusioni, lacrime, delusoni, trionfi, in una parola emozioni: pure senza una folla urlante come contorno, rappresenteranno comunque un mattoncino nella storia della disciplina. Arriverà il momento in cui i fan potranno rendere omaggio con la loro voce e la loro vicinanza ai protagonisti di questa edizione: la riconoscenza per i wrestler, i commentatori, i componenti dello staff e tutti gli addetti ai lavori per un’edizione indimenticabile per tantissimi versi però è palpabile e vibrante sin da ora.


Lo sport raccontato dal divano, Zidane e Rodman a cena dal Professor Heidegger.